Usa e Gran Bretagna, la tripla A non è più intoccabile

La tripla A, simbolo della massima solvibilità, non è per ora in pericolo. Stati Uniti e Gran Bretagna devono però cominciare a darsi da fare, risanando le proprie finanze pubbliche, proprio per evitare il rischio di un declassamento. È Moody’s, nell’ultimo rapporto trimestrale, a mettere in guardia Washington e Londra, che devono cercare di ridurre il debito pubblico senza mettere in pericolo la crescita economica ritirando anticipatamente le misure di stimolo.
Secondo Pierre Cailleteau, managing director per i rating sovrani dell’agenzia statunitense, Moody’s «si aspetta un ulteriore peggioramento per quanto riguarda lo scenario dei rating sovrani prima che si arrivi ad un consolidamento». Ipotizzando un quadro di ripresa economica moderata, Moody’s calcola che gli Usa nel 2010 spenderanno il 7% delle proprie entrate per pagare gli interessi sul debito, una percentuale destinata a salire nel 2013 all’11%. Presupponendo uno scenario ostile dove la crescita si riduce ogni anno dello 0,5% e con tassi d’interesse più alti, il governo Usa arriverebbe a spendere circa il 15% delle entrate per pagare gli interessi sul debito, sforando la soglia del 14% che conduce ad un taglio del rating ad AA.
Per quanto riguarda la Gran Bretagna, Moody’s prevede che quest’anno il 7% delle entrate servirà a coprire gli interessi sul debito, mentre nel 2013 l’esborso sarà pari al 9%. I problemi per Londra potrebbero essere provocati da condizioni sfavorevoli che porterebbero al 12% lo sforzo finanziario necessario per onorare gli impegni sul debito.
L’agenzia di rating Usa è per questi motivi convinta che sia cruciale per i governi di Stati Uniti e Inghilterra, ma anche di Germania, Francia e Spagna, assicurarsi solidi ancoraggi delle attese sulle loro politiche fiscali, in modo da evitare i rischi associati a un rinvio del consolidamento fiscale.

La Spagna, si legge nel rapporto, è stato il primo Paese ad accettare questa sfida, annunciando misure correttive a fronte del nervosismo dei mercati. Nei prossimi mesi anche altri Paesi potrebbero trovarsi a dover rispondere alle medesime pressioni.

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