Politica

«Il valore di un’opera? Non dipende dai critici»

Demetrio Paparoni, classe 1954, è critico d'arte e saggista. Della sua terra di Sicilia ha il piglio deciso: scrive d'arte in modo chiaro Paparoni, e questo a qualche suo collega non piace. Il 27 ottobre il suo ultimo libro, «L'arte contemporanea e il suo metodo» (Neri Pozza) sarà in libreria: è un bel volume che si interroga sul valore degli artisti contemporanei: «Avanguardia significa guardare avanti, dare indicazioni alla società su ciò che sta avvenendo - dice - gli artisti di oggi invece traggono ispirazione dalla società, che li anticipa. Da tempo la vera avanguardia è la scienza». No, Paparoni non è l'ennesimo cantore della morte dell'arte: lui l'arte contemporanea la sostiene, tuttavia mette in discussione quella critica che dietro parole fumose nasconde mancanza di idee. Gli chiediamo allora quanto il mestiere del critico incida sulla fortuna di un autore. «L'idea che il successo di un artista dipenda dal sostegno della critica è pura leggenda - risponde -. È vero il contrario: il critico ha successo se lavora con artisti veri. È lui che va al traino dell’artista, non il contrario».
Professor Paparoni, vale a dire?
«Gli artisti bravi non sono molti. Basta sfogliare una qualunque rivista dei decenni scorsi per verificare quanta sia vasta la lista di chi ha avuto il suo quarto d'ora di notorietà. E solo quello. I bravi artisti sono contesi da critici e galleristi, ma il finale della storia è sempre uguale: ben presto l'artista cosciente del proprio successo prende le distanze dal critico e afferma la propria autonomia».
È così da sempre?
«Negli anni Ottanta si è registrata una svolta epocale nella percezione del valore dell'opera, che da quel momento è stata identificata con il suo prezzo di mercato. Da allora la qualità di un artista è stata valutata in forza delle sue quotazioni. Negli anni Settanta invece godeva di maggiore stima quell'arte che aveva bisogno di una mediazione intellettuale per essere compresa. Ovvio che in quel caso la critica giocava un ruolo fondamentale. Negli anni Ottanta il quadro - dipinto a olio e sovente figurativo - ritornò invece a essere esposto nelle gallerie d'avanguardia, con la conseguenza che molti artisti si sono adattati al nuovo corso. L'arte ha così incontrato il gusto della gente e, dettaglio non da poco, cominciò ad arredare sia le case dei ricchi collezionisti che della media borghesia. Questo ha favorito le speculazioni negli acquisti che portarono alla crisi del '94, quando si registrò un forte crollo del mercato».
Oggi che il mercato è di nuovo vivace troviamo Cattelan nella lista degli artisti più pagati.
«È uno dei pochi italiani ad aver avuto successo negli anni Novanta. È riuscito a far parlare di sé, ma senza rinunciare a muoversi nel solco della tradizione. Cattelan ha portato dentro l'opera il marketing. Questo non significa che si promuove attraverso il marketing ma che, appropriandosi delle sue strategie, usufruisce dei benefici di questa tecnica. Il suo è un lavoro geniale: molti lo imitano senza successo.

Anzi, più gente lo imita, più il suo successo cresce».

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