RomaIl Vaticano interviene nuovamente sul caso Williamson, per tentare di spegnere lincendio che ormai divampa dentro e fuori la Chiesa, e di rispondere alle critiche che provengono dallesterno. Ieri la Segreteria di Stato ha diffuso unarticolata nota nella quale si afferma che Benedetto XVI, quando ha approvato il decreto di revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani, non era a conoscenza delle dichiarazioni negazioniste sulle camere a gas pronunciate da monsignor Williamson lo scorso novembre e trasmesse dalla Tv svedese nei giorni scorsi. Inoltre si precisa che lo stesso vescovo per essere ammesso alla funzione episcopale nella Chiesa dovrà pubblicamente prendere le distanze dalle affermazioni negazioniste.
La nota della Segreteria di Stato arriva dopo che vari cardinali, curiali e no, nei giorni scorsi hanno pubblicamente criticato la scelta del Papa attribuendo le responsabilità del caso ai suoi collaboratori. Per correre ai ripari, il Segretario di Stato Tarcisio Bertone - da ieri in Spagna - ha deciso di intervenire nuovamente. Nella nota si afferma che la remissione della scomunica è «lapertura di una porta al dialogo» e che il Papa «ora si attende che uguale disponibilità venga espressa dai quattro vescovi in totale adesione alla dottrina e alla disciplina della Chiesa». Si spiega poi che lo scioglimento dalla scomunica per i quattro vescovi «non ha cambiato la situazione giuridica della Fraternità San Pio X, che, al momento attuale, non gode di alcun riconoscimento» nella Chiesa, e gli stessi vescovi «non esercitano lecitamente un ministero in essa».
Importante è il punto sul Concilio: «Per un futuro riconoscimento» da parte della Chiesa cattolica, «è condizione indispensabile» che i lefebvriani riconoscano il Concilio Vaticano II e il magistero dei Papi Giovanni XXIII, Paolo VI; Giovanni Paolo I e Benedetto XVI. La Santa Sede «non mancherà di approfondire con gli interessati le questioni ancora aperte», per poter sanare questa «dolorosa frattura».
Infine, la Shoah. La nota definisce «assolutamente inaccettabili» le posizioni di Williamson, «fermamente rifiutate dal Santo Padre», che il 28 gennaio ha ricordato come la Shoah resti «per tutti monito contro loblio, contro la negazione o il riduzionismo». Il vescovo negazionista, «per una ammissione a funzioni episcopali nella Chiesa dovrà anche prendere in modo assolutamente inequivocabile e pubblico le distanze dalle sue posizioni riguardanti la Shoah, nono conosciute dal Santo Padre al momento della remissione della scomunica».
Prima che la nota vaticana, elaborata nella tarda mattinata di ieri e approvata dal Pontefice, venisse pubblicata, il governo di Israele aveva espresso «deplorazione» e «preoccupazione» per lannullamento della scomunica a Williamson: «La riammissione di un vescovo negazionista da parte della Santa Sede rappresenta unoffesa agli ebrei, in Israele e in tutto il mondo, oltre che alla memoria delle vittime e dei sopravvissuti dellOlocausto».
Ma più ancora che esterna, nei rapporti con gli Stati, la crisi si manifesta allinterno della Curia romana e più in generale della Chiesa. Sono intervenuti criticando la decisione papale sia esponenti dellala meno vicina al Pontefice - molto duro il cardinale Lehmann, ma particolarmente significative anche le critiche alla stessa Curia del cardinale curiale Walter Kasper, ai microfoni di Radio Vaticana - sia «ratzingeriani», come il cardinale di Vienna Cristoph Schönborn. E anche i fedelissimi di Papa Raztinger in Vaticano non nascondono un certo malcontento non solo per come è stata gestita lattuale crisi, ma più in generale per il funzionamento dellintero sistema del governo centrale della Chiesa.
Intanto Ali Fegan, il giornalista dellemittente svedese Stv, ha negato lesistenza di qualsiasi «complotto» ai danni di Benedetto XVI nel documentario con lintervista a Williamson da lui curato, come invece ipotizzato nel dossier fatto circolare in questi giorni in Vaticano e anticipato dal Giornale. Anche se nei sacri palazzi più duno continua a ipotizzare che non tutta lattuale tempesta sia scoppiata per pura coincidenza.
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