Veltroni ospite di Fazio Uso privato della tv pubblica

L’ex leader del Pd a "Che tempo che fa" per parlare di "Noi", la sua ultima opera letteraria. Una trasmissione per farsi pubblicità gratis

Veltroni ospite di Fazio 
Uso privato della tv pubblica

Roma - Su Noi, «essi» hanno dato vita a uno strepitoso show. La Rai siete «voi», cioè «noi», ma a goderne sono spesso «loro», in questo caso «lui»: Walter Veltroni. Il mieloso spot veltroniano, andato in onda domenica sera a Che tempo che fa, è il festival del «Io», «Tu», «Egli». Un guazzabuglio di pronomi, tutto funzionale alla réclame dell’ultima fatica editoriale di Uòlter: Noi, appunto. Le domande del conduttore Fabio Fazio inchiodano l’ospite: «Posso chiederle?», «“Lei” teme che possa succedere qualcosa di grave?», «“Lei” prefigura un futuro con “Ego”?», «Chi siamo “noi”? “Lei” lo contrappone all’“io” e all’“Ego”, “noi” e “loro”. Insomma, chi siamo?». Tutto chiaro, no? Ma soprattutto irriverente e graffiante. E l’altro a risponder“gli”: «In questa stagione deve prevalere il “noi” e non l’“io”. Molti di “noi” parlano con l’“io”». Ma «noi» chi? «Noi» di sinistra, ammette. Quindi «loro». Mah.

Dopo Giulia Maria Crespi e il suo Fai, sfila Veltroni sugli schermi della Rai. Torna là, Walter, negli stessi studi dove promise a milioni di italiani (2006) che «lui» avrebbe concluso la sua carriera politica e si sarebbe occupato di Africa. E «noi» e «voi» a credergli. «Lui» no, nemmeno per un secondo. Super il «loro» esordio: «Perché non è andato alla convention del Pd?», chiede l’uno. «Pensavo fosse giusto si sviluppasse una dialettica nuova», risponde l’altro. E «noi» non abbiamo mica capito cosa volesse dire. «Vero che ha lasciato la segreteria del Pd con dolore?», incalza l’uno.

E l’altro si loda: «Sono stato l’unico a far vedere che è possibile andarsene senza sbattere la porta, senza andare sull’Aventino, senza insultare nessuno». Anche se un sassolino... «Grande dolore, sì, grande sensazione di ingiustizia». In sintesi: «Ho dovuto scegliere tra l’“io” e il “noi”». «Ha già pensato per chi voterà al congresso?», domanda difficile, scomoda, irriverente, di pungolo. «Ma lo sanno tutti per chi voterò: grande fiducia e stima in Franceschini. Ha virtù rare in politiche: la lealtà». Della serie: Dario è uno che se promettesse in tv di lasciare la politica lo farebbe per davvero.

Dopo il tifo per il suo pupillo Dario, ultime pillole politiche, prima di parlare di Noi, cioè di «loro», o meglio di «lui» e di «noi», minuscoli, di destra, cattivi: «L’Italia vive un periodo nero, c’è sfilacciamento, crisi, odio, violenza verbale e non, è un Paese sempre uguale, e serve una stagione nuova di riformismo, come negli Usa». Manca l’Obama, insomma. E manca anche, dice: «Una vocazione maggioritaria perché non serve un’alleanza con dozzine di partiti se poi non riesci a portare via i rifiuti di Napoli». E qui siamo d’accordo pure «noi».

E poi si torna a parlare di Noi, ossia di «loro» e di «lui». Dal libro Noi emerge che «noi» viviamo in una stagione in cui prevale l’“io” e non il “noi”. E che “noi”, nel senso di destra, siamo diventati minoranza. Già, perché «c’è una maggioranza civile che s’è stufata di Berlusconi ma anche del grillismo e del dipietrismo». Per esser chiari, «l’“io” di oggi è ipertrofico, fragile, non c’è nulla di collettivo, è un “io” impaurito mentre il “noi” è garanzia di sicurezza».

«Noi» e «voi» abbiamo capito poco. Soltanto un paio di cose: che Noi forse è un buon libro ma che «lui» s’è fatto una bella pubblicità gratis davanti a tre milioni ottocentonovantaquattromila spettatori (15,40% di share).

«Noi» e «voi» abbiamo capito altresì che se un Fazio di destra (che non si vedrà mai nella Rai del «regime berlusconiano») facesse una buona mezz’ora di pubblicità all’ultimo volume di un Gasparri o di un Bondi qualsiasi, l’Usigrai protesterebbe, Nanni Moretti organizzerebbe un girotondo a viale Mazzini, Santoro ci monterebbe su un bell’Annozero, Sonia Alfano firmerebbe una mozione all’Europarlamento, Repubblica raccoglierebbe le firme per l’appello «Il libro? Non lo vendeRai».

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