Ventucci, lo «stakanovista» di Palazzo Chigi

Ventucci, lo «stakanovista» di Palazzo Chigi

S arebbe cosa ragionevole che essendo chiuso per le feste il Parlamento, se ne stesse in ferie sotto un banano anche il sottosegretario per i Rapporti col Parlamento. Ma il senatore di Fi, Cosimo Ventucci, ha eletto a suo banano permanente l'ufficio di Palazzo Chigi nel quale dal 2001 esercita la funzione. Al sottosegretario non interessano i Tropici, ma solo le quattro mura dove fatica 365 giorni l’anno. È un’ampia stanza che il locatario ha arredato a sua immagine. La foto che lo immortala virilmente abbracciato a Silvio Berlusconi, accenna ai suoi intimi affetti. Il bue che spinge l'aratro, nel dipinto sopra il divano, allude al suo culto del tirare la carretta a maggior gloria della Patria.
«Lei ha fama di stakanovista», dico a Ventucci mentre siedo tra vasi di fiori e un paio di rigogliosi tronchetti della Felicità.
«Sono un prodotto prebellico», risponde il sottosegretario, romano, classe 1938.
«Speravo rimandasse l'intervista a dopo le feste», gli rinfaccio.
«Vado in ufficio anche a Capodanno, almeno per cambiare i calendari. Mai stato alle Seychelles o a Mauritius, non amo le discoteche. Non è essere vecchi, ma avere senso di responsabilità», dice Ventucci, un omone sull'1.80 e buona forchetta stando alla gagliardia del fisico, sfinato da un’elegante grisaglia fumé.
«Lei è tra i governanti più assidui ai lavori parlamentari», dico avendo consultato i tabulati.
«Mio compito è coprire in Parlamento tutti i ministeri. Il 40 per cento del lavoro della Farnesina alle Camere, l'ho svolto io. I sottosegretari agli Esteri, per esplicita volontà del presidente Berlusconi, sono spesso fuori a rappresentare l'Italia. Se possono farlo, è perché Ventucci li sostituisce in Parlamento», dice fiero.
«Lei non è solo. C’è anche il suo ministro, Giovanardi», dico.
«Un ottimo ministro. Deve però ringraziare Ventucci che gli dà la possibilità di essere svincolato dai problemi del ministero...».
«Vuol dire che fa tutto lei e Giovanardi niente?».
«L'ho sollevato dalla routine, permettendogli di fare politica positiva sia nel suo partito, l'Udc, sia in favore della Cdl», dice Ventucci che sarà anche un umile lavoratore, ma non è affatto inconsapevole della propria preziosità.
«Uno mi ha detto: “Ventucci è uno dei pochi di Fi che ha senso dello Stato”».
«Ci vuole, quando si governano 58 milioni di abitanti. Tanto più nel Paese dell’arte di arrangiarsi riassunta nel “Tirem innanz” del Nord, il “Volemose bene” dei romani e lo “Scordammoce ’u passato” del Sud».
«Se lei è tra i pochi di Fi con senso dello Stato, significa che i più ne mancano», dico.
«Banalità. Chi vuole cambiare un Paese, mette in discussione i vecchi riti».
«Il primo a non avere senso dello Stato è il Cav. Pacche sulle spalle a Bush e Putin, battute tipo quella di avere fatto il filo alla premier finlandese...».
«Accuse parruccone della sinistra, senza valenza politica. Infastidisce la simpatia enorme che il presidente ha all’estero. Prodi ha detto di non immaginare De Gasperi con la bandana. Io non immagino De Gasperi nemmeno col caschetto da ciclista. Puro dileggio per l’anomalia Berlusconi. Anomalia positiva di chi vuole svecchiare».
«Lei è imprenditore dei trasporti. Un berluschino del settore?».
«Esperto di commercio estero e dazi. Ero dirigente della compagnia aerea Itavia, chiusa dopo il disastro di Ustica. Ma un mese dopo, pagavo già 14 stipendi. Ho comprato i camion dell’Itavia e ho avviato l'azienda. Oggi, è in mano a mio figlio».
«Cos'era politicamente prima di Fi?».
«Votavo Dc per anticomunismo. Ho sempre abitato accanto all’aeroporto di Ciampino. Vedevo scendere gli equipaggi di Twa e Panamerican e quelli striminziti dell'Aeroflot sovietica. Mi è bastato per capire che la felicità non era a Est».
«A 56 anni, nel ’94, è entrato in Senato. Folgorato dal Cav?».
«Folgorato dall’idea di finirla col chiacchiericcio inutile. Nel ’92, il premier Amato bloccò per un anno i mutui bancari. Stavo costruendo uno stabilimento, avevo preso impegni, ma le banche non potevano erogare. Era un’Italia allucinante».
«Entrando in Parlamento, che impressione?».
«Un trombonismo spaventoso. Berlusconi era al governo e la sinistra, anziché incalzare sui problemi, faceva querimonie astratte. Vedendoli, ho capito che le idee giuste erano quelle del Cav», dice Ventucci che ha assunto una posa da Budda immobile, con le mani incrociate e il viso serio.
Il Parlamento è il parco buoi di cui parlava Craxi?
«Le Camere hanno strutture che dovrebbero essere imitate da tutta la burocrazia. I concorsi sono esemplari per estrarre il meglio. Se i politici usassero i funzionari, ci sarebbero meno chiacchiere e più fatti».
Non intendevo lo staff, ma i parlamentari.
«Qui, è più calzante la definizione di Craxi. Tra i Ds, per esempio, 20 pensano, 100 sono un votificio. Poi, vagano nei corridoi».
Il Parlamento dorme. La legge sul risparmio è venuta dopo anni di scandali.
«Se ne parlava da decenni. Noi l’abbiamo fatta».
L’amnistia, non succede niente.
«Questione delicata. Aprire le carceri è uno schiaffo all’attività dei magistrati».
Le galere sono sovraffollate.
«Abbiamo speso dieci miliardi di lire per un carcere a Tirana in cui trasferire gli albanesi condannati da noi».
Ci sono i tossicodipendenti.
«Senz’altro il gruppo più degno di clemenza. Intanto, toglieremo la recidiva come causa di incarcerazione, in modo da consentire il recupero in comunità».
La legge sulla diffamazione è ferma perché gli avvocati, di destra e sinistra, non rinunciano ai soldi delle querele.
«Un’amarezza personale. Il giornalismo va tutelato. Il suo sindacato ispettivo sulla politica non può essere minacciato da querele continue».
La legge sulle intercettazioni?
«Sono per la legge Berlusconi che limita la pubblicazione. La gente è attratta dalle malignità, non dal contenuto giuridico».
Ora si agitano perché l’intercettato è Fassino. Ma zitti quando toccava a Carnevale o alla figlia di Necci.
«Ipocrisia della sinistra che si considera sacrario della morale e non lo è. Palazzo Chigi, all’epoca di D’Alema, era definito dalla stessa sinistra una banca d’affari».
Unipol fa l’Opa sul Bnl con la benedizione dei Ds.
«Sempre saputo che Unipol fosse appendice dei Ds. L’“amaro stupore” a sinistra è una fuga ipocrita, solo perché la ciambella non è uscita col buco».
Le coop, socie di Unipol, hanno i benefici fiscali delle mutue. Se usano però i risparmi per scalare banche, c’è il trucco.
«Lo dice l’articolo 45 della Costituzione: lo Stato aiuta le coop, ma non devono avere fini di speculazione privata».
Il Cav ha detto: «Inaccettabile l'intreccio affari-politica». È titolato a dirlo?
«Oltremodo. Berlusconi non ha mai mescolato affari e politica. Ha costruito aziende affrontando il rischio d’impresa. Mai fatta invece finanza, alla De Benedetti, che crea plusvalenze per lo speculatore e niente lavoro».
Il Cav fu aiutato da Craxi.
«Agiva negli anni ’80 in un sistema cattocomunista depravato. Per forza ha dovuto appoggiarsi».
Confindustria e i giornali dei grandi imprenditori combattono il governo.
«Con Berlusconi gli editori non hanno più avuto i vantaggi di leggi ripiana debiti».
Anche il Cav è un editore.
«Ma con senso dello Stato. Bada a far quadrare i conti e non elemosina sovvenzioni».
Il Corriere della Sera è in prima linea a dargli addosso.
«Con questo governo, i De Bortoli, Folli e Mieli, hanno interrotto la tradizione filogovernativa, ospitando articoli infamanti sul Cav. La rubrica di Biagi è un florilegio di insulti. Sfoglio il Corriere per dovere, ma malvolentieri».
In Parlamento con chi si trova meglio, Casini o Pera?
«Pera. Mio collega al Senato ha caldeggiato, per stima, il mio incarico a sottosegretario per i rapporti col Parlamento. Ma rispetto anche l’abilità gestionale del buon Casini».
Critico verso Veltroni, il sindaco di Roma, gli ha consigliato col prossimo viaggio di restare in Africa.
«Veltroni è un ottimo impresario teatrale, ma non ha nulla a che fare con la gestione di Roma. Ciò che fa è solo in funzione della sua ascesa e per conquistare una supremazia tra i Ds».
Chi sceglie tra i candidati per Roma della Cdl: Alemanno di An, Antoniozzi di Fi o Baccini, Udc?
«Senza dubbio, Antoniozzi. Ma sono amareggiato che non ci sia una candidatura unitaria per bloccare Veltroni. La scelta del tridente comunale è pessima».
Segno che il Cav ha perso autorità.
«Segno che lei non capisce molto».
E lei che ha capito del Cav?
«È un uomo di intelligenza superiore alla media, generosissimo, ama l’Italia e rimarrà nella sua storia come grande statista».
La Cdl con le tre punte, va alle elezioni in ordine sparso.
«Le tre punte faranno avanzare tutti i partiti Cdl. In testa Fi che in questi giorni, sondaggi alla mano, sta recuperando gli incerti».
La Cdl perde pezzi: Rotondi, Craxino, il siciliano Lombardo, perfino Pannella è andato dall’altra parte.
«Persone inutili e non affini al nostro governo del fare. Spiace solo per Rotondi che la pensa come noi.

Ma Casini gli rema contro. Spero che la guerra intestina cessi».
Se vince Prodi che si aspetta di buono?
«Di buono da Prodi? Insulta la mia intelligenza se crede che mi illuda. Ma conto su quella degli italiani per batterlo».

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