Politica

«La prima vera vittoria dei servizi occidentali»

Secondo gli analisti di terrorismo internazionale il sistema di vigilanza e di prevenzione creato dopo l’11 settembre sta dando i suoi frutti

Un attentato, poi niente per mesi. E quando l’Occidente abbassa la guardia, un altro attentato, che nessuno si aspetta. Stava per accadere anche adesso, ma il colpo è fallito. E gli esperti di intelligence non nascondono la loro soddisfazione: è una svolta. Perchè lo spiega al Giornale Andrew Teekell, analista di Stratfor, uno dei più prestigiosi centri studi di intelligence americana, da molti considerato “l’ombra della Cia”. «L’attentato porta chiaramente il marchio di Al Qaida: è un progetto in grande stile. La novità è che per la prima volta non sono riusciti a portare a termine i suoi piani. E questo denota un notevole indebolimento delle sue capacità operative».
L’Occidente aspettava da tempo un successo di questa portata. «Il sistema di vigilanza creato dopo l’11 settembre funziona e ora dà i suoi frutti - dichiara Teekell -. Oggi organizzare un attentato sofisticato è sempre più difficile: è improbabile che i terroristi riescano a passare inosservati». Anche perché il vertice di Al Qaida non dispone più di una struttura articolata: «È del tutto improbabile che Bin Laden, ammesso che sia ancora vivo, e il suo vice al Zawahiri fossero al corrente del nuovo progetto di Londra - continua l’analista della Stratfor -. Nel mondo sono operativi gruppi che ottengono da Al Qaida una benedizione, ma che poi operano in totale autonomia. Quello di Londra probabilmente cercava di attuare un piano di Ramzi Ahmed Yousef risalente a undici anni fa e che prevedeva l’esplosione simultanea di cinque aerei sopra l’Oceano. Ma non è riuscito a sfuggire al radar dell’intelligence britannica».
Anche un apprezzato esperto europeo di terrorismo, Victor Mauer, vicedirettore del’International Relations and Security Network (Isn) di Zurigo, si compiace per il successo dei servizi di Sua Maestà, ma è meno ottimista sul futuro di Al Qaida. «Non penso che sia allo sbando - dichiara al Giornale - e per rendersene conto basta confrontare l’attentato di un anno fa con quello sventato ieri. Nel luglio del 2005 furono fatte esplodere delle bombe nel metrò e su un bus: era un’azione spettacolare ma rudimentale. Ora invece le autorità hanno scoperto un piano molto sofisticato; nelle modalità, innanzitutto, ma anche nella scelta dell’esplosivo, liquido, per aggirare i controlli aeroportuali. È la prova che Al Qaida non è in disarmo».
Quel che è cambiato, rispetto all’11 settembre 2001, è il livello di preparazione dei servizi segreti occidentali che, commenta Mauer, «sono riusciti finalmente a prendere le misure alle organizzazioni terroristiche. Ne capiscono le logiche e hanno creato una rete di informatori affidabili negli ambienti dove vengono reclutati i kamikaze. In realtà già da due anni l’intelligence britannica si aspettava un’azione terroristica di questo livello. Ma ora la prevenzione funziona: bisogna proseguire su questa strada».
Il rischio, semmai, è che al terrorismo di Al Qaida, che è di matrice sunnita, se ne affianchi uno sciita. «È un’ipotesi concreta - osserva il direttore dell’Isn -. Io non penso che Hamas o Hezbollah intendano colpire al di fuori del Medio Oriente; ma è verosimile che singole cellule vicine a questi due gruppi siano già presenti in Occidente».

In quali Paesi e con quali obiettivi nessuno lo sa.

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