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Verdi contro Verdi La guerra delle pale

Da Rimini al Salento ambientalisti divisi: difensori del paesaggio all'attacco dei sostenitori dell'energia eolica

Verdi contro Verdi La guerra delle pale

Totem di acciaio, nuove divinità del vento, fate morgane che stanno trasformando i paesaggi. Le pale eoliche: il futuro dell'energia, il rimedio contro l'innalzamento del livello di anidride carbonica. Ma anche una calamita di procedimenti giudiziari, un elemento di divisione tra gli ambientalisti italiani. Animalisti contro Legambiente, paesaggisti contro i colossi dell'energia pulita. Il referendum sulle trivelle non ha arginato i limiti delle esplorazioni di petrolio in mare, ma la battaglia dell'energia si sfoga ora sempre più spesso qui, nelle terre conquistate dal nuovo Eolo, i parchi di energia a dispersione zero ma a costi di convivenza inaspettatamente alti, da nord a sud. Terre dove si interroga un ambientalismo in piena crisi di identità, verdi contro verdi, in un corto circuito in cui i sindaci ritrovano il proprio ruolo, i fomentatori di conflitti sociali sguazzano, i comitati proliferano con nomi da epica della rivolta: Fuori dalle pale, Via dal vento.

Mentre il governo propone nuovi incentivi agli imprenditori dell'aria - oltre 200 milioni di euro per un tetto di 9 miliardi in 20 anni al non fotovoltaico, e con incentivi complessivi per le rinnovabili non solari di 5,8 miliardi l'anno -, migliaia di don Chisciotte in tutta Italia continuano ad andare alla guerra con centinaia di ricorsi presentati nei tribunali. Sembra, anzi, entrare nel vivo una lotta civile tra ambientalisti «global» che, dopo i nuovi obiettivi della conferenza mondiale di Parigi sul clima, chiedono un ritorno ai grandi investimenti, e gli ambientalisti «local», che difendono l'orizzonte del paesaggio, nibbi reali, pascoli e contadini, sostenuti con sempre più forza dai sindaci. Questi ultimi sono un elemento essenziale dello scontro sull'aria: per le energie rinnovabili non è prevista nessuna forma di royalty a favore dei Comuni, ma le leggi parlano solo di generiche «misure compensative» destinate ai paesi coinvolti.

DOVE SOFFIA IL VENTO

I fronti contrapposti attendono le indicazioni della «Nuova strategia energetica nazionale 2017». Da lì si capirà meglio quale vento l'Italia vuole seguire sulle rinnovabili. Oggi siamo il quinto Paese in Europa e il decimo nel mondo per megawatt eolici prodotti (9.500). Guidano Cina e Stati Uniti, Germania prima in Europa. Entro il 2020 l'Italia dovrà attingere per il 20% dei propri consumi elettrici da fonte rinnovabile, come prevede il protocollo di Kyoto. L'energia verde è uno dei pochi settori in cui il nostro Paese è in anticipo sulle scadenze: le rinnovabili oscillano tra il 35 e il 40% del consumo interno lordo, l'eolico costituisce circa il 6%, con un calo nel 2015 del 2,5% (14mila 705 Mw). La geografia degli impianti è naturalmente influenzata dalle condizioni climatiche, che in Italia non sono sempre ideali. L'eolico italiano procede a due velocità, con uno schema invertito rispetto ai cliché nord-sud. Nel Meridione girano la grande parte delle pale eoliche: secondo i dati Terna aggiornati all'inizio del 2015 gli impianti sono 572 in Puglia, con una produzione di 4mila 272 Mw, il 30% circa della potenza nazionale, 263 in Basilicata, 221 in Campania, 191 in Sicilia, 111 in Calabria. Il sud è spesso in esubero di energia: la Puglia ha un surplus di 17.245 megawatt, la Sicilia di 1492. Nonostante l'abbondanza di pale, invece, la Basilicata non è autosufficiente dal punto di vista energetico.

L'Anev, l'associazione dell'energia del vento, che raggruppa 80 aziende, sostiene che il 6% dei consumi elettrici che ora vengono dall'eolico ci stanno già permettendo di risparmiare 21 milioni di barili di petrolio e hanno portato 26mila nuovi posti di lavoro. Entro il 2030 il comparto dovrà coprire il 10% dei consumi, il 20% entro il 2050, e con una prospettiva di 80mila impiegati nel settore. Legambiente denuncia l'immobilismo del governo, soprattutto nel campo dell'eolico off-shore, i parchi del vento in mare: ci sono 15 progetti presentati e mai installati. La stessa Legambiente a Orvieto si schiera però con i comitati per salvare il panorama alle spalle della Basilica dalla comparsa di nuove pale.

DANNI POSSIBILI

Un compromesso tra ambientalismo energetico e ambientalismo paesaggistico è ancora lontano. La strada può essere puntare sul rinnovo dei parchi esistenti, ma le procedure sono ancora troppo macchinose, come denunciano le associazioni del settore. Secondo uno studio Althesys svolto in Puglia, qui la riconversione con nuove tecnologie porterebbe a «un dimezzamento delle pale eoliche, o addirittura a una riduzione a un terzo, con una diminuzione di suolo occupato di circa 170 chilometri quadrati». Legambiente, Anci, l'associazione dei Comuni, e molti operatori del settore hanno firmato la Carta del rinnovamento eolico sostenibile per chiedere al governo di «semplificare le procedure tecnico-amministrative».

Uno dei temi di discussione più controversi è legato alla presunta dannosità per l'uomo degli impianti: per gli ambientalisti nemici del vento possono far ammalare. La sindrome da turbina è stata studiata negli Stati Uniti e rilanciata con frequenza dai comitati in Italia, come «Reteresistenzacrinali»: il rumore e le vibrazioni causate dalle pale causano pulsazioni al torace, vibrazione degli organi interni, fruscii alle orecchie. La mancanza di un limite di distanza certo da strade e abitazioni spesso affidato a non chiare indicazioni regionali - sta alimentando le proteste. Da Avellino alla Tuscia gli animalisti della Lipu denunciano invece il grave pericolo per alcune specie protette, come i nibbi reali. Ma l'Italia è anche e soprattutto bellezza raccontata dall'uomo: e a sua difesa si schierano i paesaggisti, Italia Nostra e Fai in prima linea, che per esempio a Poggio Tre Vescovi (in provincia di Rimini) dichiarano di voler proteggere i profili dei ritratti di Piero della Francesca da un nuovo parco eolico presentato da Geo Italia, che pure ha già rivisto il progetto per ridurre l'impatto ambientale. In Campania si è arrivati persino ai colpi di kalashnikov, ma questa è un'altra storia: perché tra le pale sta finendo di tutto, dunque anche la mafia.

LE BATTAGLIE IN TRIBUNALE

In quella stessa terra paesaggisti e animalisti hanno appena segnato un punto a loro favore: viene vietata la costruzione di parchi eolici in corrispondenza di «siti di importanza comunitaria». E vengono imposti a parchi già esistenti interventi che «mirano a minimizzare gli impatti sulle specie dei chirotteri», sarebbe a dire i pipistrelli. Di fronte a questi provvedimenti l'Anev è insorta: le nuove norme potrebbero mettere a rischio la crescita eolica della Regione. Intanto l'ultimo tribunale amministrativo a pronunciarsi è stato quello del Lazio: i giudici hanno bloccato il progetto di un nuovo impianto a Bagnoregio, ai piedi di Civita, il borgo che sopravvive nonostante la roccia di tufo e argilla su cui si poggia si stia erodendo: «Siamo soddisfatti commenta il sindaco Francesco Bigiotti . Difendiamo il nostro paesaggio e i nostri calanchi». A Butera, vicino Gela, Legambiente si spende per il progetto di eolico off-shore in mare, fermo. Qui la Corte dei conti ha aperto un'inchiesta per danno erariale da oltre tre milioni di euro per i fondi stanziati dalla Regione Sicilia mai utilizzati. Nel Sannio la guerra civile si combatte invece lungo antichi tratturi: decine di trattori sono sfilati lungo la regia via agreste di Santa Croce, lì dove sta per essere costruito un parco eolico con diciassette aerogeneratori. «Piuttosto che distribuire soldi alle grandi compagnie del vento si sfoga il direttore della Coldiretti di Benevento, Francesco Sossi sarebbe più utile elargire risorse agli agricoltori per impianti fotovoltaici su stalle e capannoni». Nel Salento la lotta agli impianti si infiltra tra gli ulivi, 300 già espiantati tra Vernole e Castri. Il progetto prevede 11 torri da 100 metri e i comitati cittadini, guidati da Italia Nostra, hanno presentato un ricorso alla procura di Lecce. Il vero regno di Eolo è però la provincia di Foggia (si sarebbe arrivati a mille pale quest'anno), con casi estremi, come Celle San Vito, 170 abitanti e quattro aerogeneratori per 70 megawatt di energia.

La Lipu è schierata contro: «Il subappenino dauno chiarisce il responsabile regionale, Enzo Cripezzi è ormai tutto un parco eolico senza interruzione».

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