Milano - In collegamento via satellite dal Sud America, Valter Lavitola espone la sua versione dei fatti. "Non sarà sul piano giudiziario, ma su quello mediatico che stasera potrò dimostrare che non sono l'uomo nerò". Così Valter Lavitola spiega perché ha accettato di farsi intervistare stasera alla trasmissione dai "giornalisti-mastini" di cronaca giudiziaria partecipando alla trasmissione "Bersaglio Mobile" di Enrico Mentana su La7. E le sue dichiarazioni sono destinate a suscitare polemiche. Infatti, secondo Lavitola, ci sarebbe una telefonata, tra lui e Silvio Berlusconi che lo scagionerebbe dall'accusa di essersi appropriato indebitamente di parte dei 500mila euro fatti avere dal premier a Lavitola perché li consegnasse a Gianpaolo Tarantini. Lo ha rivelato lo stesso ex direttore dell'Avanti. "La mia telefonata - dice - è stata fatta dalla stessa utenza argentina usata con Tarantini ma non c'è traccia di questa intercettazione. Perché?". Lavitola riferisce che, dopo aver parlato con Tarantini, avrebbe poi contattato Berlusconi. Al terzo tentativo (i primi sarebbero andati falliti) il faccendiere sarebbe riuscito a parlare telefonicamente "per nove minuti" con il premier. "Gli ho detto: "presidente, mi ha contattato Tarantini: ha notizia dei 500mila euro e vuole che gli sia consegnata questa somma. Che faccio? Gliela metto a disposizione? Guardi che lui consuma come una Ferrari". "Al che il premier - riferisce Lavitola - gli avrebbe detto: No, no, lui deve fare un'attività (con quella somma, ndr)".
Lavitola fa sapere di aver chiesto al suo avvocato di presentare un'istanza ("pensavamo a Roma, ma a questo punto la faremo a Bari") per "chiedere se questo tabulato sia vero o falso" e "perché non ci sia quest'intercettazione".
Lavitola ne ha poi anche per l'imprenditore Tarantini e dice di lui che "è uno scapestrato e non un criminale, anche un po' fesso. I Tarantini non sono i mostri che sono stati dipinti, ma ragazzi viziati scapestrati con tre ossessioni: vedere il premier in più occasioni possibili; riuscire ad aiutare un loro amico, l'imprenditore Pino Settani a fare affari con una società vicino all'Eni; avere lavoro e soldi per le loro esigenze".
E poi Lavitola ha precisato anche il particolare della scheda Sim peruviana che avrebbe usato il Cav e ha smentito tutto. "Io non ho fornito nessuna scheda telefonica peruviana, ho dato una scheda italiana al Presidente Berlusconi, comprata da un mio collaboratore peruviano. Ho dato la scheda per timore di essere intercettato non per i contenuti illegali della telefonata ma perché parlavo di considerazioni riservate".
"Sono cresciuto nella Gioventù Socialista, e mi sono fatto
l'idea che se hai passione politica non puoi fare l'imprenditore nello stesso paese dove fai politica. Quindi faccio l'imprenditore in Centro e Sud America, mentre in Italia facevo il giornalista e l'editore dell'Avanti".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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