«Il vero sbaglio del Pdl? Commentare la vittoria come fosse un insuccesso»

RomaSenatore Gaetano Quagliariello, lo ammetta: l’asticella era troppo alta.
«È stato un errore. Risultato: commentiamo un successo come se fosse stata una sconfitta. Ma è chiaro chi ha perso».
Chi?
«Il Pd che perde 17 province e dieci punti percentuali».
Ma i numeri sono numeri: il Pdl è calato.
«Abbiamo perso due punti percentuali ma è fisiologico. Lo dimostra il caso francese».
Cosa c’entra la Francia?
«L’Ump di Sarkozy, rispetto alle legislative, ha perso l’11,5%. Ma tutti, in Francia e altrove, hanno parlato di successo».
Quindi a perdere sono stati i sondaggi?
«Sì, avevamo in mano dati ben più ottimistici».
Ottimismo eccessivo e controproducente?
«Sì, anche se è normale che in un test che non riguarda la scelta del governo i due partiti maggiori cedano qualcosa».
Un «mea culpa» sulla campagna elettorale?
«Qualche errore lo abbiamo commesso ma siamo stati costretti a farlo, vista la clamorosa e indegna aggressione mediatica».
Noemi ha nuociuto molto?
«Opposizioni e certa stampa ci hanno imposto un cambio di strategia: abbiamo giocato troppo sulla difensiva stravolgendo i nostri intenti».
Che erano?
«Puntare sull’Europa e sui risultati di questo governo».
L’astensionismo vi ha fatto male?
«Un po’ è fisiologico, un po’ è frutto della campagna orribile orchestrata dagli avversari. Ma il non voto ha fatto male a tutti, non solo a noi».
Altro errore?
«Il caso Sicilia: la scelta di aprire la crisi a ridosso delle elezioni è stata sciagurata perché ha disorientato l’elettorato».
E in Sicilia in molti sono andati al mare.
«Ma era prevedibile: lì non si votava per le amministrative».
Capitolo nord: Formigoni ammette che il Pdl dovrebbe fare come la Lega in termini di radicamento sul territorio. Condivide?
«Sì. Con la Lega dobbiamo avere una sana conflittualità e contrastarli con lealtà sul territorio. Ma lo schema ha funzionato».
Quale schema?
«Berlusconi ha detto: chi prende più voti mette un’ipoteca sul governatore del Veneto. Risultato: siamo cresciuti sia noi sia il Carroccio».
Nel Pdl che cosa non ha funzionato?
«Spesso tra gli ex di Fi e gli ex di An non s’è agito uniformemente: dobbiamo migliorare».
Non siete uniti?
«Sì ma la struttura deve unificarsi meglio: spesso entrambi abbiamo pensato che una cosa l’avrebbero fatta gli altri e alla fine nessuno s’è mosso».
Questo è grave.
«No, nessun dramma. Certo, la fusione è ancora in corso e ci vuole un po’ di tempo».
Per Fini e «Farefuturo» è un errore fare una politica fotocopia della Lega. Vero?
«No. Immigrazione e sicurezza sono problemi europei. Non dobbiamo regalare al Carroccio questi temi e, da partito nazionale quale siamo, dobbiamo dare risposte generali».
Il voto scalfisce il bipolarismo?
«No. La rivoluzione dell’anno scorso ha portato una grande semplificazione politica. E queste elezioni hanno confermato che il sistema tiene».
Se non passa il referendum diciamo addio al bipolarismo?
«Assolutamente no. Siamo e rimaniamo per i partiti di coalizione anziché per le coalizioni di partiti».
Aperture all’Udc: sì o no?
«Siamo vicini sul piano dei princìpi e sull’idea di moderazione della politica. Siamo fianco a fianco nel Ppe...».
...Ma Casini esclude Bossi: sul federalismo i centristi sono ipercritici.
«Casini è stato così rigido per convenienza.

In realtà non è così contrario».
Da dove parte la riscossa?
«Dalla politica del fare con una priorità: l’Abruzzo. Lì ci siamo giocati la faccia e la sfida va vinta in autunno. Il generale inverno all’Aquila non perdona».

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