Il vero tormento di Mourinho Che fine ha fatto Julio Cesar?

Una squadra come si deve a un quarto d’ora dalla fine sgonfia tutti i palloni che entrano in campo. Dove sia finita l’Inter che ha congelato la partita di Mosca e prima ancora tutto lo Stamford Bridge, è misterioso. Quel controllo della gara con la palla, cui faceva riferimento Josè Mourinho per spiegare le due imprese, è rimasto sul taccuino che a un certo punto ha aperto strappando e stracciando alcuni fogli, per poi gettarlo stizzito sulla panchina del Franchi. Fine partita alticcio come è normale quando vieni raggiunto a otto dal fischio e perdi la cima della classifica. Sapendo di essere la più forte e anche di strameritare il secondo posto per come hai dilapidato un vantaggio atomico.
Ayroldi che esulta, o festeggia, o è colto da tic nervoso, frega zero. Il guardalinee poteva rispondere a Mourinho che faceva il tifo per la Fiorentina, e allora? Si giudica la sua direzione, sabato sera quattro gol validi e nessuna sudditanza. Però se fosse finita 2-1 per l’Inter e il signor Ayroldi a partita finita avesse sorriso, probabilmente non avrebbe fatto ridere anche tutto il resto d’Italia. Josè comunque non aveva niente da ridere, anzi era abbastanza infuriato e giunto nello spogliatoio, rivolgendosi a Silvinho, avrebbe chiesto notizie di Julio Cesar: cosa sta succedendo al mio portiere?
Quell’incidente in auto alla vigilia di Chelsea-Inter che fece saltare giù dal letto Josè è stato l’inizio di una serie di prestazioni titubanti del brasiliano. Dal gol del momentaneo 1-1 di Kalou, con palla avvelenata che gli rimbalza a un metro ma che per tutti, primo Josè, era da stoppare con i piedi tenendo le mani in tasca. Poi Catania, con Maxi Lopez che lo infila sul primo palo e Mascara che gli fa il cucchiaio dal dischetto, quindi De Rossi all’Olimpico, disgusto e terrore, infine sabato sera sul gol di Kroldrup. Non si tratta solo del gol di Kroldrup, ma di come si è preparata la difesa sull’angolo battuto alla sinistra di Julio Cesar. Non sempre l’Inter piazza gli uomini sui pali, è a discrezione del portiere, quando si sente sicuro non li vuole perché rischiano di tenere in gioco l’avversario se il riavvio dell’azione viene stoppato. Kroldrup non si trova in posizione irregolare perché, oltre a Zanetti, fra lui e la linea di porta c’è anche Cambiasso che rientra sul primo palo, quello di sinistra. Julio Cesar è fuori anche dall’area piccola, l’ha chiamata, tanto che Balotelli sembra frenare il suo stacco, e non l’ha presa. E allora Mourinho ha chiesto spiegazioni al preparatore dei portieri.
Julio Cesar e l’incidente in auto, ma le preoccupazioni partono da Parma-Inter 1-1 del 10 febbraio, dopo un bel giro di vittorie, Lazio, Chievo, Siena, Milan, Fiorentina e Cagliari, in mezzo Livorno e Juventus in coppa Italia. Otto vittorie su nove, unico pareggio a Bari, 2-2 con importante rimonta a venti minuti dalla fine e alta dimostrazione di poter governare i propri destini. Ma da quel pari al Tardini, l’Inter si dimentica del campionato, ampio il margine sulle altre, Ranieri, Leonardo e tutti i santi ripetono che solo la capolista può perdere lo scudetto. E la capolista ci prova, zero a zero con Napoli, Sampdoria e Genoa, rasoiate a Catania e all’Olimpico, undici partite, quindici punti, ma questa volta in mezzo c’erano ottavi e quarti di Champions, logorante corsia preferenziale di tutto il club, storia e sangue.
Il pareggio di Firenze adesso è una sconfitta, mezza squadra in affanno, Maicon, Chivu, Zanetti, Pandev e Milito sicuri, mentre Mourinho continua un silenzio che lo allontana. Come ricuce? Un giorno si presenta e dice: vabbè riproviamoci?
Forse sta ripensando che essere l’allenatore del Real significa essere un uomo fortunato e dopo gli ennesimi fischi a Manuel Pellegrini, magari potrebbe essere lui quel fortunato. Non risponde a domande sull’argomento. Neppure la famiglia risponde a domande sull’argomento, nell’entourage Moratti trapela solo un: l’importante è vincere qualcosa, poi si vedrà.
In mezzo c’è questa Inter di fine stagione, nettamente più forte della Roma, invidiosa dello strapotere del Barcellona.

Intanto domani a Firenze per il ritorno di coppa Italia non ci vanno le seconde linee, tolto Stankovic a cui sono stati dati quattro giorni di riposo assoluto, sul treno ci sarà tutta la prima squadra, compreso Thiago Motta, in ballo una finale. Già domani sera fine dei ragionamenti, è l’ora dei verdetti.

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