Vestiti, luci, spezie e talismani: con 50 euro si compra il mondo

Il signor P. ha appena varcato la soglia del padiglione numero 5 e si dirige a passo lento verso la Sicilia. Sgomita in mezzo ad un muro umano e a forza si fa largo tra una bancarella di granella di pistacchio e quella della marmellata di arance. Poi, prende un attimo di respiro, si guarda intorno e sussurra incredulo alla moglie. «Strano però, qui sembra che la crisi non ci sia...». Artigiano in Fiera, seconda giornata di apertura, domenica. L’assalto inizia già alle dieci del mattino sui vagoni della metropolitana che dalla città si dirigono verso il nuovo polo fieristico. Famiglie, giovani e stranieri, gente che viene da fuori e che per vedere l’esposizione si è fatta un viaggio e quelli che invece arrivano qui ogni anno, come un appuntamento irrinunciabile. E quando il treno si ferma a destinazione e apre le porte, ecco che sotto le vele di Fuksas comincia a fluttuare un’infinita onda umana. Qui dentro ce n’è per tutti e di più.
Cinque continenti, 106 paesi rappresentati da 3mila espositori su 140mila metri quadrati di superficie. Un piccolo mondo nel quale l’unico modo per orientarsi è quello di guardare pazientemente una cartina oppure affidarsi all’istinto e seguire colori, luci e odori più suggestivi di paesi vicini e lontani.
La prima tappa sono i padiglioni riservati all’Italia. Li suddividono per posizione geografica, in testa la Lombardia, il Piemonte, la Valle d’Aosta, il Veneto e l’Alto Adige, poi le regione centrali e del Sud. Ci sono mobili per arredare la casa, vacanze da prenotare nelle località più rinomate e prodotti di ogni genere. Maglieria, borse, borsette e cappelli. Sali da bagno e prodotti per la cosmesi. Cappotti di pelle e scamosciati, le mantelle che facevano una volta, coperte, trapunte, cuscini e centrini ricamati a mano per la tavola con tanto di bancone dove il punto croce lo fanno su misura. C’è chi si è inventato persino degli oggetti fatti con le cerniere, tovaglie antimacchia e un condominio per piante grasse.
Poi ci sono i visitatori, i più esperti dopo un’esperienza massacrante dello scorso anno, si sono portati dietro un trolley. Una valigia sì, da riempire con gli acquisti di Natale. Si compra a tutti i prezzi: da cinque euro per una collanina, poco di più per un cappello di lana. Quaranticinque per un golfino di cachemire o tre camicie, dieci per una sciarpa mista pashmina, 15 euro per due, promette la ragazza indiana dietro il bancone. Settantacinque scontati per un vestitino di ciniglia che sembra sia all’ultimo grido nella moda tedesca. E quarantacinque per un vasetto di caviale nero, dall’Ungheria. Tappeti dal Marocco, talismani e spezie indiane, e le campane tibetane che un uomo con un cappello di pelo fa risuonare in tutto il padiglione. I più frequentati sono gli stand della gastronomia e anche questi vengono da tutto il mondo. La Germania si riconosce dal boccale gigante di birra in mezzo allo spazio riservato a Monaco di Baviera e dall’odore di crauti e wurstel che si sente fin dall’ingresso. La gente impazzisce, sgomita pur di arrivare al banco degli assaggi e infilarsi in bocca il primo stuzzichino disponibile, mentre i commercianti dall’altra parte d’Europa sfogliano pezzi di grana a scaglie e affettano l’ennesimo salume. Un barattolino di salsa di pomodori pachini con tanto di odori e spezie costa 8 euro. Il pesto ligure invece 3,50 e un pandolce sette.

«Però, è naturale - racconta un signore di Messina che ogni anno viene alla Fiera per sentire i sapori della sua terra -: i prezzi sono un po’ più alti rispetto a quelli all’origine. Ma le assicuro, i prodotti qui sono tutti buonissimi». Parola di intenditore.

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