Viaggio lumaca nell’autostrada-trappola

Da Milano alla Riviera rispettando i limiti: tempi biblici, segnaletica contraddittoria, autovelox in agguato. I rilevatori della velocità sono nascosti al buio in galleria e dietro i pannelli dei messaggi variabili

Viaggio lumaca nell’autostrada-trappola
Milano - In giro per l’Italia rispettando rigorosamente il Codice della strada. Il direttore è stato tassativo. E col direttore è inutile bluffare. Posso farlo con mia madre, cui, quando mi vede arrivare prima del previsto, racconto che non c’era coda sulla Laghi. E invece lei non sa, ed è meglio che continui a non sapere, che causa lavori, rallentamenti, tamponamenti, ho infranto anche l’infrangibile, zigzagando con disinvoltura da una corsia all’altra.

Posso farlo con mia moglie cui, quando indugio in chiacchiere con gli amici, racconto invece che c’era coda, anche quando non c’era. E lei, solitamente più informata di Isoradio, fa finta di crederci. Ma col direttore no, inutile provarci. Quindi sto al gioco. Anzi, sto al Codice. E ci starò per tutta l’inchiesta, a costo di farmi strombazzare, insultare, tamponare. Ma non cederò mai e poi mai alla tentazione di snobbare anche il più incongruo cartello di divieto. Anche la più assurda delle assurde trovate di certi comunelli che, per spillar soldi ai contribuenti piazzano a tradimento autovelox in luoghi dove potrebbero sfrecciare Hamilton, Alonso, Massa e Raikkonen senza tema di investire neppure un moscerino. Così, mentre rispetto il momentaneo limite degli 80 in direzione Genova, ho già alle calcagna una camion rosso che mi lampeggia ossessivamente. Ma resisto e fisso il mio navigatore. Perché secondo lui, anzi, secondo lei, perché la voce campionata appartiene a una certa Melissa, dovrei essere già dalle 11,29 a Santa Margherita e invece, per questa pignoleria obbligata, sono in ritardo di venti minuti. Su questa A7 che, tra curve, molte, e rettilinei, pochi, rappresenta la quintessenza della segnaletica disposta in stato confusionale: un limite di 60 all’ora, poi di 100, poi trecento metri dopo di 80, poi improvvisamente di 60, poi 100, poi di nuovo 60, poi nulla. Variazioni ogni due-tre chilometri che disorientano e basta. Gli automobilisti vanno forte, quasi sempre, e cascano o almeno rischiano di cadere nelle trappole degli autovelox. Le premesse del mio viaggio erano confortanti: partenza alle 9,30 in una Milano semideserta, solo 4 semafori rossi, ingresso in autostrada alle 9.44. Sto viaggiando soddisfatto a 128 all’ora sulla corsia centrale, non do fastidio a nessuno, ma una Opel mi supera da destra. Tra Bereguardo e Casei Gerola si succedono pannelli a messaggi variabili: «Rispettate i limiti di velocità» (non sarebbe meglio ricordarli, quei limiti, ndr?), «Salva patenti e vita allacciando le cinture».

Passandoci sotto a velocità giusta, si possono notare le telecamere pronte a riprendere gli automobilisti più frettolosi. E fin qui ci sta. Ognuno fa il suo mestiere. All’altezza dell’area di servizio Dorno un cartello indica code. Ma non c’è ombra di auto. In compenso, a Casei Gerola, l’autostrada si riduce improvvisamente a due corsie, solo che ci avvisano due chilometri dopo, del restringimento. E i paletti di protezione? E i guardrail di plastica? Ci sono e non ci sono, lasciando all’automobilista la pericolosa illusione di poter utilizzare anche la corsia più a destra, visto che le strisce sono cancellate o sovrapposte a quelle precedenti e visto soprattutto che nessuno sta lavorando. Va avanti così fino a Castelnuovo Scrivia. Alla prima curva decelero d’istinto a 90, anche se non c’è alcun segnale, meglio così, perché, seminascosto dal guardrail, compare il limite di 70. A rispettare quel limite invisibile siamo soltanto io e un automobilista ungherese, che mi sta seguendo diligentemente da un po'.

Mi auguro che continui a tenermi compagnia, ma lui con famiglia al seguito e voglia di mare, sorpassa e va. Così mi ritrovo incollato al paraurti un camion rosso che pare intenzionato a inghiottirmi. Non suona ma lampeggia e incalza. Devo darmi una mossa e toccare quota 95 per distanziarlo. Il tratto critico di Serravalle si sta avvicinando. Comincia a piovere e compare il cartello di limite a 80, meglio stare all’erta, trecento metri dopo ne compare un altro di 60, tolgo rapidamente il piede dall’acceleratore e mi ritrovo placcato da un autotreno bianco il cui autista ci tiene a conoscermi di persona. Da qui in poi è un frullatore di segnali: 60, 80, 60, poi nulla, poi 60, poi 100 all’ora. Mi sorpassano tutti, persino il Bisonte bianco, che si rivela per fortuna innocuo. Tra Vignole e Isola del Cantone registro un’ignobile trappola. Compare un cartello: fine degli 80.

Penso di interpretarlo come un ritorno ai 130 ma, trecento metri dopo, accovacciato in curva lampeggia l’autovelox. Fortuna che non avevo ancora accelerato.

E tutti gli altri che mi stanno sorpassando? Cosa accadrà loro, visto che, subito dopo l’autovelox, c’è pure un cartello che abbassa il limite a 60 all’ora? Fatto sta che da Isola del Cantone, la roulette russa della segnaletica si rinnova ad ogni curva fino all’altezza di Busalla, quando si consuma l’apoteosi delle imboscate.

All’ingresso della galleria «Giovi», 910 metri di tunnel, compare il cartello che indica 100. Peccato che, una volta all’interno, nel semibuio, spunti nuovamente sulle nostre teste il rilevatore elettronico della velocità. E peccato, ancora di più, che all’uscita dalla galleria ti ritrovi, sbattuto in faccia il limite di 80 all’ora. Una trappola con tre tagliole, disseminate in meno di un chilometro. Per risollevare il morale su un pannello compare la scritta: «Traffico in tempo reale su www.autostrade.it». Mi chiedo come si possa guidare e, contemporaneamente collegarsi al sito con un computer. Ma tant’è, rispetto il nuovo limite di 60 e mi ritrovo intruppato in una colonna di camion che viaggiano a poco più di 50. Mi concedo il lusso di sorpassarli. Finalmente ho sorpassato qualcuno. Alle 11,56 esco al casello di Rapallo. Alle 12,05 parcheggio a Santa Margherita. Esco dall’auto e dalla nuvoletta di Fantozziana memoria. L’unica che mi ha seguito da Milano, rispettando i limiti di velocità, scende un copioso scroscio di pioggia.
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