Il professor Harry Wu è appena tornato negli Stati Uniti, la sua voglia di testimoniare torture subite in Cina lo ha portato fino in Valcomino, al Festival delle Storie, quando accende la tv e sente la notizia dalla Cnn: il vicepresidente Joe Biden avrebbe riconosciuto le questioni del Tibet e di Taiwan come parte integrante degli interessi nazionali cinesi. Per Harry Wu è una doccia fredda. Lui che è fuggito dalla Cina dei diritti negati, che da anni racconta a tutti cosa significa vivere per 19 anni nei «Laogai», i lager cinesi di «rieducazione comunista», risponde al telefono con rabbia.
Come si spiega questa dichiarazione?
«Il discorso di Biden è una vergognosa presa di distanza da chi lotta per lindipendenza. Il 15 agosto in Tibet un monaco si è dato fuoco. Non voglio credere che sia stato un sacrificio inutile».
Uno choc per lei?
«No, piuttosto mi fa rabbia perché questo discorso ha chiarito una volta per tutte chi è davvero Biden: una persona che a me non è mai piaciuta. Ho a che fare con lui da quando era senatore. E sul suo conto non mi sbagliavo: è la parte peggiore degli Stati Uniti».
Cosa cambierà adesso?
«Di fatto credo che le dichiarazioni espresse durante lincontro siano una posizione personale di Biden».
Vuol dire che Obama si dissocerebbe?
«Sicuramente. Obama e gli Usa non la pensano come Biden».
Quanto pesa la crisi in una dichiarazione di questo tipo?
«Gli Stati Uniti sono più che mai legati alla Cina per restare a galla, e ora più che mai lequilibrismo diplomatico è vitale. Ma ripeto: Obama non avrebbe parlato così».
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