Vietata in Francia la parola «blog»: sa d’inglese

Adesso si dovrà dire «bloc-notes electronique». «Nazionalizzati» tutti i termini in uso su internet: così «chat» diventerà «dialogue en ligne»

da Parigi

La Francia dice addio al «blog». Ci si è messa tutta la potenza della République, centralista e legatissima all'uso dell'idioma nazionale, per farla finita con un'idea dall'aroma terribilmente anglosassone. Non l'idea del «blog» in quanto tale: un'evoluzione dell'informatica e dei costumi che certo non può più essere frenata e che del resto sta conoscendo in Francia un formidabile sviluppo. Ma è la parola «blog» a far rizzare i capelli ai puristi della lingua francese. Il Journal Officiel, corrispondente parigino della nostra Gazzetta Ufficiale, ha pubblicato ieri il documento con le modifiche stabilite dalla «Commissione generale di terminologia e di neologia», i cui dettami sono legge per l'intera pubblica amministrazione e sono «fortemente consigliati» all'insieme della popolazione. Che cos'hanno dunque deciso i soloni parigini in quest'alba di 2007? Hanno stabilito che la parola «blog» dev'essere messa all'indice a causa della sua origine anglofona e deve imperativamente essere sostituita con l'espressione «bloc-notes». Sì, proprio così. Dopo tanto riflettere, i membri della «polizia del linguaggio» non hanno saputo far altro che riadattare al gergo informatico un'espressione che sa di vecchia cartoleria.
Anche il termine «e-mail» è off-limits in Francia, dove bisogna dire «courriel», ossia «corriere elettronico». Quanto ai termini «hardware» e «software», sono anni che non possono più essere usati dalla pubblica amministrazione francese, sotto pena di sanzioni, inasprite nell'ormai lontano 1994 da una legge severissima, voluta dall'allora ministro della Cultura e della Comunicazione Jacques Toubon. Per la cronaca, bisogna assolutamente dire «matériel» per «hardware» e «logiciel» per «software». Se poi qualcuno osa parlare di «mouse», come si dice in tutto il mondo per indicare un particolare aggeggio legato al nostro computer, la Francia nazional-linguistica insorge come un sol uomo: bisogna infatti assolutamente dire «la souris», il topolino in francese. Quanto al computer è vietato chiamarlo con quel nome: bisogna dire «ordinateur».
Il problema è che più si va avanti sulla via della creazione di un grande spazio di comunicazione informatica planetaria e più alcuni termini tendono a diventare oggettivamente universali. Quei termini s'impongono nel giro di breve tempo all'uso comune del mondo intero e così i decreti ufficiali di un organismo come la «Commissione generale di terminologia e di neologia» arrivano fatalmente in ritardo rispetto alle abitudini di coloro che navigano sul «web», pardon sulla «toile», la «rete». Alla fine si rischia il paradosso, come dimostra la decisione di ieri della «polizia del linguaggio», secondo cui l'espressione «touch pad» deve imperativamente cedere il posto a quella - dal sapore un po' grottesco - di «pavé tactile», un «selciato tattile».

Persino la parola «chat» sarà d'ora in poi bandita dalla Francia, dove bisognerà utilizzare al suo posto l'espressione «dialogue en ligne». Dialogo in linea. E che a nessuno venga in mente di dire «on line». Altrimenti c'è la Cajenna.

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