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"Vigilantes armati con troppa facilità"

Il gip Salvini sospende per due mesi la licenza alla donna che sparò tra la folla a un rapinatore e accusa: "Gli istituti di vigilanza non formano i dipendenti". De Corato: "Giusto, ma chi pensa ai cittadini inermi?"

Aveva iniziato a lavorare come guardia giurata senza alcuna preparazione né poi l’Istituto che l’aveva assunta s’era premurato di farle seguire un adeguato corso di formazione. Per questo il giudice Guido Salvini ha sospeso dal servizio la donna che due mesi fa ferì un rapinatore in fuga, lanciando nel contempo l’allarme per l’estrema facilità con cui chiunque può diventare vigilante.
Una mancanza di professionalità del resto emersa nel corso dell’interrogatorio a cui era stata sottoposta da magistrati. «A seguito di domande specifiche è emerso che prima di essere assunta presso l’istituto di vigilanza l’indagata non è stata sottoposta né le è stato chiesto di frequentare alcun corso di formazione, e per la firma del contratto sarebbe stato sufficiente il fatto che avesse in passato frequentato un poligono di tiro» scrive infatti Salvini nel suo provvedimento di sospensione. Quindi, «l’istituto non ha avvertito l’esigenza di fornire all’indagata, che in precedenza svolgeva tutt’altro lavoro e cioè quello di operaia, una specifica preparazione né di tipo operativo e comportamentale, né di tipo culturale e legislativo vertente sulla conoscenza della legge penale, dei regolamenti, dei rapporti con la polizia giudiziaria, i cittadini e così via».
In sostanza, la donna, era «del tutto all’oscuro delle norme che regolano il pubblico servizio a lei affidato». Accogliendo la richiesta del pm Sergio Spadaro, Salvini sospende dunque per due mesi dal servizio la guardia giurata che il 24 agosto scorso sparò a un rapinatore in fuga da un supermercato di Pero, colpendo l’arteria femorale e rischiando così di ucciderlo. Milena Canosi, guardia giurata di 32 anni, inoltre «...non ha mostrato alcun segno di imbarazzo, di mortificazione e di riflessione critica per quanto avvenuto... né ha compreso l’illiceità, la pericolosità e la sproporzione del proprio gesto». Ma a impensierire il giudice è «l’attività dell’istituto cui appartiene, e sulla professionalità di chi è preposto a compiti comunque delicati come quello di guardia particolare o giurata».
Salvini, dunque, sottolinea le «conseguenze più gravi» che l’episodio avrebbe potuto avere «sia nei confronti del rapinatore, che di altre persone». «Gli effetti di uno sparo in un luogo chiuso, in caso di rimbalzo del proiettile - insiste il giudice - sono spesso imprevedibili». A rischio, insomma, è l’incolumità delle persone che si trovano a passare nel posto sbagliato al momento sbagliato. E la legge stabilisce «l’assoluto divieto di fare del “tiro al bersaglio”». Una situazione di rischio su cui interviene anche il vicesindaco Riccardo De Corato. «Nessuno mette in dubbio la correttezza del provvedimento del gip Salvini, visto che l’attuale indagata non aveva alcuni necessari requisiti professionali. Ma chi difende i cittadini dall’essere loro tiro al bersaglio di rapinatori e criminali? Purtroppo la certezza della pena in Italia è solo sulla carta.

Come dimostra il fatto che chi si macchia di episodi criminali, incluso il rapinatore in questione, sono sempre recidivi e pregiudicati. E sono spesso liberi perché hanno beneficiato di sconti di pena o sistemi alternativi alla detenzione concessi sempre da giudici».

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