«Vilipendio al capo dello Stato? Per me possiamo abolirlo»

RomaBasta con il reato di vilipendio, cancellatelo. «Chiunque abbia titolo per esercitarne l’iniziativa legislativa - dice Giorgio Napolitano - può liberamente proporre l’abolizione dell’articolo 278 del codice penale». È un punto che, proprio in questi giorni, lo riguarda direttamente. Eppure il capo dello Stato non ha nulla da obbiettare. Anzi. «Giudicheranno poi i cittadini che cosa è libertà di critica, e cosa non lo è, nei confronti delle istituzioni». Ma il presidente non vuole alimentare altre polemiche. «Vengo da una settimana imprevedibilmente densa che mi ha visto impegnato in più occasioni di intervento pubblico». Comunque, precisa, «le istituzioni dovrebbero essere tenute fuori della mischia politica e mediatica».
Basta pure con tutti quei discorsi fumosi e arrovellati sulla libertà di stampa. «Il primo presidio del ruolo della informazione - spiega il presidente della Repubblica - sta nella qualità dell’impegno e del lavoro di ogni giornalista, nella professionalità, nel rigore, nell’equilibrio, nel tranquillo coraggio di chi si dedica a questo impegno, a questo quotidiano lavoro».
Dunque, la libertà si conquista sul campo, sul foglio, e si mantiene: è il succo del messaggio di Napolitano nella giornata dell’informazione, celebrata al Quirinale con i promotori e i vincitori di alcuni premi. Non servono grandi affermazioni di principio. Servono semmai «analisi e verifiche attente anche in sede europea» sulla libertà di espressione. Oltre ovviamente a «equilibri più soddisfacenti» e a uno «sguardo attento alla tutela della privacy, della dignità delle persone e delle istituzioni, della riservatezza delle indagini giudiziarie». Napolitano lo dice da tre anni e lo ripete adesso, quando il Parlamento sta per affrontare la legge sulle intercettazioni: il tritacarne mediatico va fermato e i giornalisti devono «fare buon uso della libertà» di espressione di cui oggi godono.
Certo, poi bisogna garantire seriamente il pluralismo, soprattutto nelle tv pubbliche. Si tratta infatti di «un insostituibile valore» che va attentamente salvaguardato. «È un mio profondo convincimento - dice ancora il capo dello Stato - che l’esistenza di una stampa e di una informazione pluralistiche e libere assume un carattere discriminante per distinguere la democrazia dal dispotismo. La diversità delle voci deve poter trovare spazio nel grande mondo di una stampa libera. Ed è tipico dei sistemi costituzionali dell’Occidente impegnarsi a combinare più valori, più diritti degni di tutela».
Da qui, dalla necessità di calibrare la libertà di stampa con la difesa della sfera privata, nascono i problemi e i burrascosi rapporti con il mondo della politica. La questione non è nuova e si affaccia al di là «del contesto politico», sollevando «controversie» che si potranno risolvere definitivamente solo con «un confronto costruttivo tra tutte le parti interessate».
Ma i giornalisti, incalza Napolitano, devono fare la loro parte. È vero, «vivono tempi difficili in Italia e nel mondo per effetto di acclarate trasformazioni tecnologiche, di ricadute della crisi economica e finanziarie globale e di processi di più lungo periodo di ristrutturazione del potere economico pure in campo editoriale».

Però anche voi dovete adeguarvi, «non sottovalutando limiti e responsabilità del vostro lavoro».
Più in generale, conclude, «sono questioni che chiedono analisi attente e proposte comprensive di innovazioni normative, oltre che di evoluzione di prassi e costumi».

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