Per vincere l’Oscar meglio essere cani

Per vincere l’Oscar meglio essere cani

RomaFederico il Grande, il re di Prussia che mandava i suoi uomini in battaglia, gridando: «Cani, quanto volete vivere ancora?», si rivolterà nella tomba. I cani, infatti, che l’imperatore equiparava a carne da macello, di questi tempi non vincono l’Oscar per un pelo (è il caso di dirlo). È solo per questioni di ineleggibilità, infatti, che i vari quadrupedi sul grande schermo da star fatte e finite, non partecipino alla corsa per la statuetta. Il sasso nello stagno l’ha gettato un libro di Susan Orlean, Rin Tin Tin: The Life and the Legend, cinobiografia del famoso cane al centro di numerosi film western. Quella leggenda a pelo lungo, morta tra le braccia di Jean Harlow nel 1932, meriterebbe un Oscar postumo, stando all’autrice, che sottolinea come, nel 1929, la star canina fosse in lizza con Emil Jannings. Già allora i boss dell’Academy si posero il problema: in termini di popolarità Rin Tin Tin avrebbe vinto a zampe basse, ma per quanto i film fossero muti, occorreva indicare un attore in carne e ossa, sicché Jannings la spuntò.
Quel pregiudizio anticanino perdura, se, mentre la corsa agli Oscar si fa bollente, non c’è neanche un osso per Uggie, co-protagonista del quotatissimo film muto The Artist di Michel Hazanavicius. È lui, il delizioso Jack Russell dalle mille mossette intelligenti, a salvare il suo padrone, svenuto in una stamberga che va a fuoco: tirando per i pantaloni un ottuso poliziotto, lo convincerà a intervenire in articulo mortis. A sentire Oscar von Mueller, l’addestratore di Uggie, per farlo recitare bene basta dargli una bella sfilza di salsicce. «Uggie è uno dei cani meglio addestrati di Hollywood. Se gli dici di guardare in macchina, lo fa subito», racconta il trainer, che ha già portato la sua bestiola sul set di Come acqua per gli elefanti. Certo, i cani costano meno degli attori - spesso cani per come recitano - e soprattutto non si drogano, non bevono e non parlano con i giornalisti.
Se poi sono famosi come Milù allora tutto diventa più facile. L’inseparabile compagno di Tintin, il giovane reporter belga frutto della matita di Hergé è stato da poco «ripresentato» da Steven Spielberg nel film in 3D Le avventure di Tintin, protagonista il Jamie Bell scelto dal produttore Peter Jackson dopo averlo apprezzato nel remake di King Kong (e averlo ricordato in Billy Elliot). E presto vedremo all’opera uno dei tre Dobermann scelti da Martin Scorsese per accompagnare i bambini della sua fiaba in 3D, Hugo Cabret. Si tratta di Blackie, bravissimo a fare da guardia all’orfanello che praticamente vive dentro la stazione di Parigi negli anni Venti. «Girare con i cani in 3D è stata una sfida: bisognava sempre cambiare prospettiva, per poterli inquadrare da più lati e loro non sempre rispondevano», ha detto Scorsese, per la prima volta al cimento con il cinema tridimensionale.
A marzo, inoltre, conosceremo il cagnolino di Pomerania di Charlize Theron, che in Young Adult fa la scema con la sua minuscola bestiola in borsetta. Finalmente la diva ha una co-star all’altezza: mugola, scodinzola e non proferisce verbo neanche nella scena-madre iniziale. Laddove si capisce che la seducente Charlize, qui single alla ricerca dell’uomo perduto, ha solo un cane per amico. E siccome non le ruba la scena, se l’è portato pure al Tonight Show, nota trasmissione in onda sulla Nbc, per pubblicizzare il film. Mentre una collega ti può mettere in ombra, un cane ti fa bella.

Ma non di soli cani vive l’uomo: da venerdì il delfino di Winter verrà alla ribalta nelle sale con la sua vera storia di code mozzate, soccorsi all’ultima pinna e protesi di silicone nell’Oceano. Di questi tempi anche le bestie sgobbano parecchio.

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