Schiarirsi la pelle in Africa è una sorta di anello di una catena molto lunga, assemblata da complessi che chi non nasce bianco assorbe spesso già in tenera età, senza rendersene conto. Si potrebbe chiamare anche la sindrome di Michael Jackson, perché tutto si sviluppa dalla stessa motivazione: essere accettati, oppure, se si preferisce, non accettarsi. Nell'Africa nera è ormai consuetudine imbattersi in donne con il viso «sbiancato», che sognano di assomigliare alle icone della bellezza mondiale, e che indossano pesanti parrucche per nascondere i loro veri capelli, corti e sequestrati da una selva di ricci. Le creme che schiariscono la pelle vanno molto di moda tra le ragazze di colore tra i 21 e i 35 anni, ma la pratica è pericolosa per la salute e preoccupante dal punto di vista culturale.
«Abbandona la tua pigmentazione e indossa una nuova faccia!», suggeriscono volti di donne in primo piano su locandine e cartelloni pubblicitari per le strade di Abidjan, Lagos, Dakar o Yaoundé, gigantografie nei punti nevralgici della città che parlano inglese, francese, cinese, spagnolo e arabo. Tra le mani delle meravigliose modelle dalla pelle candida (naturalmente ritoccata al computer), o di donne in carriera, campeggia un vasetto di crema bianca, spacciata come miracoloso ritrovato di bellezza. Prodotti smerciati come ultimi ritrovati della cosmesi francese o americana, ma che in realtà sono «made in China» e altamente tossici. Nate negli anni Sessanta, in concomitanza con i processi di decolonizzazione, in poche decadi le creme a effetto schiarente sono diventate il quarto prodotto più usato dalle casalinghe delle metropoli del continente dopo il sapone, il tè e il latte. Nel 2017 l'Organizzazione mondiale della Sanità ha rilasciato uno studio che dimostra come il 77% delle donne nigeriane praticano lo sbiancamento della pelle, seguite dalle ragazze sudafricane, senegalesi, del Togo e del Mali. Dietro a quella che sembra una banale scelta di make-up, c'è ben altro. Se per le giovani donne è una questione di estetica, nel continente africano lo sbiancamento è diventato un'emergenza sanitaria. «Due terzi delle ragazze che utilizzano queste creme non conoscono i rischi perché sono analfabete o hanno frequentato solo le scuole elementari. L'altro terzo invece sa a cosa va incontro, ma lo fa comunque per riaffermare la propria bellezza e perché, a loro modo di vedere, gli uomini preferiscono le donne chiare di carnagione», racconta il ministro della Salute senegalese Abdulaye Diouf Sarr.
Uno dei fenomeni più emblematici arriva proprio da Dakar nell'ambiente della lotta, lo sport più praticato in Senegal. I lottatori, come Eumeu Sene e Baboye, sono paragonabili per fama e in parte per guadagni alle stelle del calcio mondiale. Le veline o fidanzate che ronzano attorno al mondo del ring hanno tutte la pelle sbiancata, diversamente non avrebbero alcuna chance di conquistare il cuore dei lottatori.
Negli anni purtroppo un certo tipo di narrazione della realtà, e l'assenza di certe figure di riferimento negli spazi sociali, hanno strutturato la percezione di un modello di società globale dove tutto ciò che è considerato bello, gradevole e giusto non ti somiglia, alimentando così una silenziosa esclusione che fortifica il disagio di chi lo subisce, a tal punto da sentirsi sbagliato e spesso fuori luogo. Icona di questa pratica è la cantante sudafricana Nomasonto Mnisi, che prova a schivare le critiche, difendendo la propria scelta di schiarirsi come «qualcosa di puramente personale e libera, come ad esempio ritoccarsi il seno, le labbra o il naso per sentirsi più belle e attraenti».
Non stupisce quindi che le donne che si sottopongono a questi trattamenti casalinghi siano in maggioranza giovani e single. Uno studio della dermatologa ivoriana Sophie Yao ha dimostrato che, del 25% delle donne del Paese che si schiariscono la pelle, l'80% ha tra i 21 e i 35 anni e il 64% è in cerca di un compagno. In molti Paesi come Nigeria, Ghana e Costa d'Avorio i prodotti per lo sbiancamento sono stati dichiarati illegali e l'Oms ha vietato il commercio di creme che contengano più del 2% di idrochinone e mercurio, componenti dannosi per la salute. Le creme «miracolose» hanno diverse controindicazioni: da un lato, la possibilità di procurarsi irritazione, acne, smagliature irreversibili e infezioni, dall'altro gli esperti dichiarano che questi prodotti possono causare diabete, ipertensione, insufficienza renale e cancro alla pelle.
L'applicazione di creme sbiancanti provoca, tra le altre cose, un assottigliamento dello strato cutaneo che può causare problemi gravissimi. In Costa d'Avorio sono noti casi di donne morte in sala parto dopo un cesareo perché i punti di sutura non tenevano. In Sudafrica, che ha dichiarato illegali i trattamenti dal 1980 e ha vietato l'uso della parola sbiancamento nei cartelli pubblicitari, un terzo delle ragazze continua a fare ricorso a questa pratica, al punto che entro il 2020 si teme un'impennata dei tumori alla pelle.
Nonostante gli allarmi, troppo spesso gli ingredienti utilizzati nei cosmetici sul mercato continuano a non essere specificati e, al di là dei divieti, è facile procurarsi creme sbiancanti. Nel vivace mercato di Akodesséwa, ad esempio, un sobborgo di Lomé, la capitale del Togo, le creme schiarenti si vendono in abbondanza, allo stesso ritmo delle carte telefoniche ricaricabili o del pane nelle ceste.
È facile incontrare molte donne con la pelle del viso insolitamente chiara, mentre il resto del corpo è più scuro, così come altre persone con ustioni crostose sulle guance, causate dai prodotti chimici utilizzati. Comprarne un vasetto può costare anche 80 euro ma le ragazze non sembrano affatto disposte a smettere.
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