Cronache

«Volevamo fuggire, la Polizia ci ha caricato»

Drammatico racconto di un tifoso della Samp Liberato il minorenne

«Volevamo fuggire, la Polizia ci ha caricato»

Federico Casabella

Era iniziata nel ricordo di due testimoni della violenza negli stadi. Nella curva ascolana, si esibiva uno striscione (a lungo applaudito anche dal pubblico blucerchiato) in ricordo di Nazzareno Filippini, supporter bianconero che, nell'ottobre del 1988, fu accoltellato a morte da un tifoso interista a pochi metri dallo stadio; dall'altra parte si onorava Paolo Mantovani, presidente che ha saputo dare alla tifoseria sampdoriana un'educazione che resiste, nonostante siano passati già dodici anni dalla sua scomparsa. Due asserzioni diverse che, con il loro esempio, hanno saputo disciplinare le rispettive tifoserie. E' finita con una donna di 57 anni che ha rischiato di perdere un occhio per il gesto di un teppista isolato.
Chi racconta l'episodio di domenica, lo fa ancora con amarezza mista a sconcerto come Lorenzo Galluzzo, 19enne del «Valsecca group» che era a pochi metri di distanza: «Ho visto la partita vicino al figlio della signora, - dice - quando è avvenuto l'incidente, mi ero appena allontanato.- quindi racconta l'episodio - Ho sentito il rumore assordante del razzo che prima ha colpito la griglia posta in cima alla gradinata del nostro settore, rimbalzando poi sulla testa della signora e continuando a roteare sui gradoni ferendo alla gamba un altro ragazzo».
Rimasto sbalordito dal comportamento della polizia è, invece, Mauro Pavanati, responsabile del club Certosa. Stava accompagnando una ragazza portatrice di handicap fuori dallo stadio, ma è stato bloccato da una poliziotta: «Dopo l'episodio, - racconta Pavanati- temendo che potesse arrivare qualcos'altro, molti tifosi hanno cercato di uscire dalla gradinata per sostare nel piazzale antistante, dove erano parcheggiati i pullman. Le forze dell'ordine non ci hanno fatto defluire e qualcuno si è innervosito, ma i poliziotti hanno esagerato nel caricare il nostro pubblico che voleva solo mettersi al riparo». Colto da malore, il responsabile del club, è stato portato al pronto soccorso dell'ospedale di Ascoli. «E' difficile continuare così, dopo questa avventura - dice chi sulle spalle ha centinaia di trasferte in blucerchiato- ho deciso di dire basta alle gare fuori Genova. Vorrei anche sottolineare che gli steward dell'Ascoli avevano già lasciato lo stadio prima della fine della gara e ci è stato difficile chiamare l'ambulanza».
Un'analisi dell'episodio, è stata fatta dal questore di Ascoli che parla esplicitamente di un «disegno premeditato». Ieri sono stati presentati anche gli esiti delle indagini dal Presidente dell'Osservatorio di Milano, Massimo Todisco al giudice sportivo della Federcalcio, Maurizio Laudi. Dall'indagine è emerso che «il ragazzo che ha compiuto lo sciagurato gesto ha precedenti in episodi di microcriminalità, non frequenta gli ambienti della tifoseria organizzata e raramente si reca allo stadio». «Il sedicenne insieme con il maggiorenne che lo accompagnava, è entrato cinque minuti prima della fine sapendo di non poter essere identificato (il compito spettava alle Forze dell’Ordine e non alle “maschere“)». Dai diversi interrogatori è emerso che i due giovani di Ancona (uno è agli arresti domiciliari, l’altro è stato rimesso in libertà), sarebbero andati insieme a San Benedetto del Tronto, prima della partita, per prendere il razzo di segnalazione nautica che era nella disponibilità della famiglia del sedicenne. Il ritornello del giovane durante gli interrogatori di ieri, sarebbe sempre stato lo stesso: «Non so perché l'ho fatto». E Giovanni, il figlio di Ambretta, aveva deciso di dire basta con il calcio.

Ma Novellino e Marotta hanno invitato tutta la famiglia per il match di domenica: «Verremo, perchè gente come noi allo stadio ha il diritto di andarci», ha risposto Giovanni.

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