Matteo Failla
La Topolino può essere vista come una semplice automobile che ha segnato unepoca, ma può anche essere punto di contatto tra i sogni e i problemi di una generazione di mezzo secolo fa e quella odierna; diversa, veloce, tecnologicamente avanzata, eppur così simile per tanti aspetti.
Al Teatro Studio va in scena Una Topolino alle Mille Miglia, testo e drammaturgia Edoardo Erba con la regia di Fabrizio Montecchi. Una storia basata su fatti realmente accaduti, che ha come protagonisti Luigi e Giovannino Rivosecchi.
Il 4 maggio 1954 sul giornale Libertà si poteva leggere: «...A Padova, in Piazza Savonarola, una Topolino recante il numero 60 si è sfasciata in un fossato. Venivano trovati a bordo, feriti, due ragazzi: si è accertato che non partecipavano alla gara. Si trattava infatti di due minorenni di 14 e 15 anni che, incollato un numero sulla vettura del padre, si erano clandestinamente inseriti fra i concorrenti, compiendo il tragitto fino a Padova a oltre 90 km di media».
Quella dello spettacolo è quindi una storia che parla di auto, di velocità e di corse, ma soprattutto del rapporto tra genitori e figli, delletà della ribellione e della disobbedienza e non solo: anche delle invidie e delle gelosie tra amici, o dellamore impossibile di un ragazzo per una ragazza.
E la scelta di affrontare questi importanti temi con gli occhi dei ragazzini risponde a una precisa volontà: raccontare il nostro passato attraverso coloro che possono farlo senza pregiudizi ideologici o intenzioni sociologiche. Chi meglio di un bambino può ricoprire questo ruolo?
«Il nostro teatro dombre afferma il regista Fabrizio Montecchi - ha sempre privilegiato drammaturgie caratterizzate dallassenza di un tempo storico determinato e di un luogo geografico preciso, ma alcuni anni fa abbiamo deciso che era giunto il momento di misurarci anche con storie che sapessero coniugare territori della mente e geografie emozionali con luoghi e tempi determinati...».
È per questo che il Teatro Gioco di Vita ha deciso di collaborare con Edoardo Erba, per portare in scena questa nuova strada da percorrere. E quale simbolo migliore si sarebbe potuto trovare? La Topolino, anche solo nel pronunciarla, rievoca una generazione, un periodo storico, un desiderio: una sfida lanciata da Giovanni Agnelli senior nel 1934.
«Voglio una piccola ma completa vettura disse il senatore, nonno dellAvvocato - con motore a quattro cilindri, abitabilità comoda per due persone e relativi bagagli, 80 allora e prezzo contenuto in 5mila lire».
Lincarico fu affidato a Dante Giacosa, giovane ingegnere di ventisette anni che riuscì nellintento, affermando poi nel 1980, in una monografia sulla vettura: «Fortuna volle che mi trovassi alla Fiat nel posto giusto, al momento giusto, per essere scelto a disegnare quella che fu salutata come la più piccola vettura al mondo prodotta in grande serie».
Una piccola vettura che, seppur scomparsa, con quel suo simpatico nomignolo, vuole ancora raccontare più di una generazione.
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