Un voto

La battuta più spiritosa che mi è capitato di leggere in questa lunghissima campagna elettorale sul tema della procreazione assistita, recita: «La fantasia degli umani, fin qui dispiegata alla ricerca del piacere senza il rischio della procreazione, sembra oggi affaticata dal compito opposto, che è quello di procreare evitando il piacere». L’autore è un cardinale del quale non si conosce il nome, ed è un peccato perché raramente il cinismo è riscattato da tanta arguzia. Venendo da un principe della Chiesa, attribuirei la battuta, solo di questo si tratta, a un avversario del referendum, e del «sì».
Un argomento solido a favore della tesi opposta lo traggo dall’e-mail di un lettore nel quale si cita la Dichiarazione di Indipendenza che segna la nascita della nazione americana nella seconda metà del ’700 laddove si elenca, fra i diritti inalienabili dei cittadini del nuovo Stato, quello di «perseguire la felicità personale». L’argomento è a sostegno del diritto di tante donne affette da sterilità di procreare, comunque sia possibile e a confutazione, spiega, di chi osserva che con tanti bambini abbandonati per il mondo sarebbe preferibile ricorrere alla adozione. «Lo penso anch’io», precisa il lettore, il quale aggiunge però che debba preferirsi, su tutti, il principio della libertà della persona, ché questo è l’unico criterio da salvaguardare dalle leggi dello Stato. Difficile dire meglio. Sono pagine rare, perché la campagna elettorale in specie nell’ultima fase, infarcita di ideologismi di ogni genere, e che vede schierati su campi avversi i sostenitori di «fratello Embrione» e quelli di «sorella Verità» non mi pare gran che utile allo scopo che in questi casi ci si dovrebbe prefiggere, che è quello di chiarire il significato dei quesiti e delle scelte che vengono proposte.
Trovo impropria questa volta, almeno stando all’animus pugnandi che domina la scena, la divisione classica fra laici e cattolici così chiara nel referendum sul divorzio, nel quale gli elettori rifiutarono la sovrapposizione fra il credo religioso e la legge dello Stato. Una scelta più chiara, in quel caso, visto che a proporre il referendum abrogativo furono i cattolici, che invitarono a cancellare una legge approvata dal Parlamento.
In questo caso, le ragioni del laicismo mi sembrano alquanto in ombra. E non solo perché le scelte non coincidono con schieramenti troppo compatti per essere veri, ma anche perché l’ardore posto nella polemica dagli «atei devoti» alla Ferrara appaiono pari, nella loro dogmaticità, a quella di laici - alla Capezzone per intenderci - che si buttano nella mischia armati di spadoni distribuendo anatemi, titoli di barbarie e di sanfedismo agli avversari. C’è chi fa di più . Antonio Padellaro, su l’Unità, arriva ad accusare Rutelli, Buttiglione e altri di condannare Luca Coscioni alla tremenda prigionia del suo male. Provocando la ritorsione del Foglio che paragona tali sostenitori della libera scienza a Rasputin il quale sfruttava ai suoi fini il dolore della zarina per il figlio malato di omofilia. Siamo agli sgoccioli di una brutta pagina della nostra politica che ha affrontato temi seri con un linguaggio di militanza totalizzante che ricorda altre epoche dell’ultimo secolo.
a.

gismondi@tin.it

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