Wall Street cade ancora sul mattone

da Milano

La persistente fragilità dei mercati finanziari viene certificata anche dal Fondo monetario internazionale, costretto a rivedere al ribasso le stime di crescita globale 2008-2009 elaborate appena un mese fa. La recente decelerazione dei prezzi del petrolio (attorno ai 115 dollari ieri; una fonte Opec ha detto che il Cartello lascerà invariata la produzione nel vertice di settembre), non deve dunque aver convinto gli esperti del Fmi: le spinte inflazionistiche permangono, unite a un ciclo economico debole che continua a flirtare con la recessione. Né dalle Borse, in calo anche all’inizio della settimana per effetto della crisi negli Stati Uniti del settore finanziario e immobiliare, arrivano segnali in grado di indicare un’inversione di tendenza.
Il Fondo presenterà ufficialmente le proprie previsioni al G20 in programma alla fine della prossima settimana, un vertice delicato, in cui il focus sarà concentrato sui temi economici. Per l’organizzazione di Washington, il Pil complessivo non andrà quest’anno oltre uno sviluppo del 3,9%, in calo rispetto al 4,1% previsto in luglio, mentre per il 2009 la crescita mondiale sarà pari al 3,7% (3,9% la stima dello scorso mese). La «ritaratura» ha riguardato in particolare Eurolandia. Gli ultimi dati relativi al Pil (meno 0,2% nel secondo trimestre) e le prospettive di ulteriore frenata nel resto dell’anno, devono aver pesato sulle valutazioni del Fondo, che ha ridotto l’espansione di quest’anno all’1,4% (dall’1,8% precedente) e quelle del 2009 (dall’1,2 allo 0,8%). Lo stato di salute degli Usa non è tuttavia migliore, con un Pil confermato in aumento nel 2008 di un modesto 0,8% e dello 0,7% nel 2009 contro lo 0,8% della previsione precedente.
Proprio l’America resta l’epicentro di una crisi tutt’altro che risolta e in grado di condizionare le Borse. In Europa, chiusa Londra per festività, i listini sono scesi ieri tra lo 0,6% di Milano e l’1% di Parigi. Perdite tutto sommato contenute, ma solo perché Wall Street (meno 2% il Dow Jones, meno 2% il Nasdaq) ha imboccato con decisione la strada del ribasso quando ormai nel Vecchio continente la giornata si era conclusa. A New York, nonostante il recupero di Fannie Mae e Freddie Mac legato all’allontanarsi dello spettro di un salvataggio da parte del Tesoro, gli investitori sono stati spaventati dall’ennesima pessima notizia arrivata dal mercato del mattone. L’aumento superiore al 3% nelle vendite di case in luglio, è in realtà frutto del crollo dei prezzi (meno 7%). «Per il 40% - ha spiegato un analista - si tratta di vendite in perdita: sono le banche che liquidano i loro portafogli a prezzi stracciati». Inoltre, rispetto a un anno fa, le case invendute sono salite a 4,67 milioni di unità.
Ma è anche dal comparto finanziario che si misura il pessimismo della Borsa Usa. Il fallimento nel week end della nona banca dall’inizio della crisi (la Columbian Bank and Trust di Topeka, Kansas) si è sommato a un nuovo crollo di Lehman Brothers. Salita del 5% circa venerdì scorso grazie alle voci di un’acquisizione da parte della Korea Development Bank, la banca d’affari americana è caduta ieri fino al 6% dopo che le autorità sudcoreane hanno espresso i primi dubbi sulla fattibilità dell’operazione.

Secondo la rete televisiva Cnbc, il fondo Kkr avrebbe intanto manifestato un forte interesse per la divisione di investment banking di Lehman, mentre il gruppo Blackstone si sarebbe già fatto da parte. Il colpo di grazia finale al mercato è stato dato dalle stime del Crédit Suisse sul colosso assicurativo Aig, per il quale sono previste nuove svalutazioni e un rosso di 2,4 miliardi di dollari nel terzo trimestre.

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