Ci sono voluti 24 anni, una generazione, per mettere fine alla "guerra del latte", o meglio delle quote latte. Anni di polemiche, scontri, proteste degli allevatori, presidi, blocchi di treni e strade, scontri con la polizia, multe salatissime… storia passata ormai. Si volta pagina. Il ministro delle Politiche agricole Luca Zaia è appena rientrato da Bruxelles e racconta quelle 18 ore di trattativa non stop al tavolo dei 27 dell’Unione Europea.
Tavolo importante quello presieduto dalla commissaria europea all’agricoltura Mariann Fischel Boel perché è stato raggiunto un primo accordo sulla riforma della politica agricola comune (Pac) che non riguarda solo le quote latte, l’aumento del 5%.
"Se siamo soddisfatti? Sì… soddisfattissimi e consapevoli che le cose si possono cambiare in meglio per la nostra agricoltura, per il Paese… Ci sono gli interessi dei produttori, delle imprese, quelli dei consumatori. Abbiamo ripristinato la legalità dopo quell'infelice negoziato del 1984 che ha falciato le gambe ai nostri produttori di latte".
Ministro, spieghi come è riuscito nell’impresa…
"Ho cercato di portare la mia esperienza al tavolo del negoziato dell’Unione europea, rifuggo dall’idea che i nostri partner possano considerare l’Italia come una sorta di fratello minore. In questo negoziato si è visto che non è così".
Ha fatto valere la regola della politica: mai dire mai…
"No, ho fatto qualcosa di più semplice e diretto: ci ho sempre creduto. E mi sono impegnato in prima persona, a Bruxelles".
Insomma, è stato al pezzo. Ma come hanno reagito gli altri ministri, i loro rappresentanti?
"Ho fatto il mio lavoro di ministro. E le assicuro che non hanno accettato con il sorriso in bocca. Questo no. C’è anche chi mi ha attaccato… una decina di interventi contro. E’ stata una trattativa dura, seria. Abbiamo portato dati di fatto. Ed è andata bene. Non è stato solo un successo del ministro, è stato un successo italiano: abbiamo presidiato, fatto gioco di squadra, ci siamo seduti al tavolo preparati. E questo ha funzionato. Se sei presente ti rispettano. Difficile fare giochetti".
Lei ha detto ai produttori di latte: "Ora serve coraggio". Perché?
"Perché devono mettersi in regola in modo da poter ottenere l’aumento di quota ora disponibile".
Ha portato a casa l’aumento di 600mila tonnellate della quota di produzione del latte (pari al surplus che ci costa 160 milioni di multa), maggiori contributi ai giovani agricoltori, 420 milioni di euro per innovazione, ricerca, sostegno alle filiere di latte e carne. E ha ottenuto il recupero di 140 milioni di fondi "dormienti" che i nostri agricoltori non erano o non sono in grado di richiedere. Come sono saltati fuori questi 140 milioni?
(Zaia sorride) "Abbiamo fatto un lavoro da 007…".
Cioè?
"Abbiamo fatto un ricognizione di tutte le voci di bilancio, dei capitoli di spesa. Quei soldi l’Italia, i produttori, li perdevano… le pratiche non erano evase, molte non andavano a buon fine. Soldi non ci potevano permettere di perdere. Gliel’ho detto: basta crederci. Pensi che pochi giorni fa abbiamo ottenuto 17 milioni di euro all’anno per portare la frutta nelle scuole".
Sulla questione del tabacco è andata meno bene.
"La partita non è chiusa, capisco la delusione dei nostri produttori l’esecutivo Ue entro luglio 2009 presenterà uno studio sull’impatto della riforma del settore tabacchicolo e allora torneremo alla carica…".
Pronto per nuove sfide?
"Sì, c’è la questione dell’etichettatura obbligatoria dei prodotti alimentari. Siamo in pressing sulla Ue. E’ un elemeto chiave nella strategia di tutela dei consumatori. Le resistenze comunitarie sul nostro disegno
di legge non ci preoccupano. La Ue ha una visione legata agli accordi di Doha e al Wto, all’apertura totale dei mercati e
della libera circolazione delle merci. Ma i nostri rapporti con l’Europa sono buoni e siamo riusciti a riposizionare l’Italia
al tavolo dei negoziati".
Quindi?
"Il consumatore ha diritto di conoscere l’origine di ciò che compra. Oggi si
trovano in commercio bottiglie d’olio extravergine d’oliva, anche con nomi italiani, che non provengono
dall’agroalimentare del nostro Paese. E' solo un esempio fra i tanti.
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