Tra gli zombie del rave party, tutti droga e alcol

Le indicazioni ce le dà subito una ragazzina. Avrà vent’anni. «La ketch la trovi là in fondo, vicino ai camper», ci dice con un sorriso a 32 denti. Si riferisce alla chetamina, un anestetico chimico per cavalli, diventata rapidamente la nuova droga dei party. Qui al rave illegale di Cava delle Capannelle, a pochi chilometri da Bergamo, se la fanno quasi tutti. E pazienza se a Ferragosto, giusto una settimana fa, ha stroncato un ragazzo israeliano 26enne in Molise, morto in un’altra festa illegale.
La «cucinano» dei giovani con piercing e tatuaggi, usando una semplice padella. Così da liquida diventa solida, una polverina bianca simile alla cocaina. La tiri con il naso dopo averla stesa su di uno specchietto. I più coraggiosi, o meglio i più incoscienti, non aspettano neppure che sia «pronta». La prendono liquida, bevendola o iniettandosela direttamente nei muscoli. Gli effetti sono allucinogeni, quando si raggiunge il cosiddetto k-hole puoi vivere esperienze di pre-mortem. Vedi il tuo corpo dall’esterno. A grosse quantità può portare all’arresto cardiaco, si rischia la vita.
Al rave nella campagna bergamasca, però, nessuno si preoccupa di poter crepare. Il motto è «che lo sballo continui». In barba al morto. Anzi, ai morti. Perché a Ferragosto le vittime sono state due. Un mix di droghe e alcol ha ucciso anche una ragazza nel Salento, in un altro party. Proprio nella stessa festa in cui hanno suonato gli organizzatori di questo rave. Sono di Piacenza, ma girano tutta la penisola. Il party di oggi si chiama «Rave o’lution Esasperatek». Un nome, un programma. A essere esasperata è tutta la nottata: dalla musica martellante al consumo incontrollato di droghe.
Le informazioni sulla festa illegale le abbiamo trovate via Internet dopo giorni di navigazione tra blog e social forum. Basta procurarsi il flyer, il volantino telematico dell’evento. Qui è scritto il numero di cellulare da chiamare per sapere dove sarà il rave. Fino alla sera stessa, infatti, sai solo che sarà nel Nord Italia. Di feste pubblicizzate in modo furtivo su Internet ne abbiamo trovate almeno tre. Una nei pressi di Ravenna, un’altra nel Nord-Est (probabilmente a Vicenza) e appunto questa di Cava delle Capannelle. Segno che la ventilata repressione promessa dalle istituzioni dopo le tragedie di una settimana fa non spaventa più di tanto il popolo dei ravers.
Per tutto il giorno di sabato il numero di cellulare non suona neppure. Poi, poco dopo la mezzanotte di domenica, finalmente uno squillo. Risponde una ragazza e ci dà le indicazioni per raggiungere la festa. «Esci dall’autostrada a Seriate e poi segui per Capannelle. Non puoi perderti». Con il fotografo raggiungiamo il posto intorno alle 2. Il rave dovrebbe durare fino al giorno dopo, addirittura potrebbe andare avanti tutta domenica. Ci arriviamo con altre auto. È in un luogo isolato, in mezzo a una boscaglia. Parcheggiamo e subito ci avvicina un ragazzo basso e tarchiato. «Ciao fratelli, vi voglio bene», dice abbracciandoci calorosamente prima di barcollare e cascare all’indietro. Non si vede nulla. Ci facciamo guidare dall’orecchio, la musica sincopata rimbomba nell’aria, in lontananza. Facciamo un chilometro in mezzo tra rami e sterpaglie ed eccoci. Il rave è in una distesa di prato. Le casse sono sistemate sotto un gazebo illuminato da un faro. Dietro c’è il dj set, davanti centinaia di giovani che ballano bombardati da un’infinità di decibel. Intorno bivacchi di altri ragazzi, qualche cane, camper e roulotte.
Lo spaccio è soprattutto concentrato nella zona dei caravan. Dove si vende anche l’alcool, soprattutto birre in lattina. Anche se in realtà molti si sono organizzati con bottiglie di superalcolici portate da casa. Ci sono anche tante ragazze, alcune giovanissime, come due torinesi che abbiamo conosciuto poco prima camminando lungo il sentiero. Accanto alle casse, è sistemato un banchetto dove si comprano collanine. Lo stile del raver è molto semplice. Maglietta e pantaloni comodi. Tanti indossano una canotta da basket. Io ho lasciato la mia dei Lakers nell’armadio. Kobe Bryant però c’è lo stesso, come Tracy McGrady e molte altre star della Nba, la lega dei professionisti americani.
Facciamo amicizia con un ragazzo di Como. Ha 19 anni, è in giro a torso nudo, con uno zainetto in spalla. «Domani sera devo lavorare in pizzeria, chissà come ci andrò», dice ridendo. «Perché, hai preso qualcosa?», chiedo io. «Sì, un trip», ci risponde. Un cartone di Lsd, per intenderci. Parliamo di quello che è successo a Ferragosto. «Che tragedie, vero?». «Già, che palle, adesso gli sbirri ci staranno addosso. Come in Francia, per questo tutti i francesi vengono qui da noi a “spaccarsi”», fa lui. Nessun accenno ai poveri ragazzi morti. E chi ci pensa? Sono tutti impegnati a sballarsi. Il ragazzo ci domanda se prendiamo droghe. «La keta non l’ho mai provata», rispondo. «Sei pazzo? Vieni alle feste e non ti fai di keta?», si stupisce lui. Qui una persona sana è l’eccezione.
Ci avvicina un altro ragazzo, stavolta più grande. Ha in testa un cappellino, un piercing al setto nasale e un po’ di barbetta incolta. Ci chiede una sigaretta, gliela diamo. «Grazie, vi serve la keta? Altrimenti ho anche la speed». Rifiutiamo e lui se ne va sorpreso, quasi stizzito. La speed è un mix di anfetamine e roba simile. È l’esatto contrario della chetamina, accelera i battiti cardiaci e provoca ipertensione. Le due sostanze mischiate sono pericolosissime. Eppure c’è chi non ci bada e si prende qualsiasi cosa passi sottomano. È quasi mattino, decidiamo di abbandonare la festa. Anche se c’è ancora gente che sta arrivando. Appena fuori dalla stradina c’è una gazzella dei carabinieri. Fanno dei controlli. Chiediamo se sono qui per il rave. «No, solo dei normali controlli», rispondono i militari. In realtà stanno aspettando rinforzi.

I residenti delle zone vicine hanno sentito il baccano e hanno avvisato le forze dell’ordine. Poco dopo il party sarà smantellato. Non è chiaro se gli organizzatori verranno denunciati. Ciò che è sicuro è che il loro week end «esasperato» è già terminato.

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