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Quella tentazione di far saltare tutto

Matteo fa i conti con le riserve dei suoi elettori. E rischia di essere ridimensionato come leader del centrodestra

Quella tentazione di far saltare tutto

Tanti, troppi quelli che nel fine settimana si sono lamentati con Matteo Salvini. Al punto che a Milano il segretario della Lega ha sentito il bisogno di tirare le somme con i fedelissimi in una cena riservata. Quel che è emerso, inequivocabile, è la «forte perplessità» di un pezzo importante dell'elettorato leghista rispetto alla trattativa in corso con il M5s. Un'incertezza che va dalla netta contrarietà di alcuni al pessimismo dei più. E che ha portato ad una profonda riflessione sul da farsi. D'altra parte, confidava 48 ore fa Giancarlo Giorgetti ad un big azzurro, giocare questa partita da soli e avendo sia Forza Italia che Fratelli d'Italia all'opposizione «è rischiosissimo». Se l'esperimento dovesse fallire, infatti, ne sarebbe responsabile davanti all'elettorato di centrodestra la sola Lega. Con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni che avrebbero gioco facile ad accusare Salvini di aver rotto la coalizione e tradito il patto con gli elettori. Un'accusa che farebbe breccia anche e soprattutto in virtù dei dubbi che ormai da giorni la base leghista va manifestando a parlamentari nazionali e amministratori locali. «Almeno il 60% dei nostri - ha fatto presente un deputato di lungo corso a Salvini - dicono che stiamo facendo un errore».

Così, anche il segretario della Lega ha deciso di aprire una riflessione. Perché se è vero che i due staff che si stanno incontrando per mettere a punto il programma si sono trovati piuttosto in sintonia tra loro, restano le distanze siderali su alcune questioni centrali (come la lotta all'immigrazione). Rimangono, poi, i paletti del Quirinale. A partire dal rapporto con l'Europa, con il Colle che vuole figure di garanzia sia al ministero dell'Economia che agli Esteri. Se a tutto ciò aggiungiamo che un'intesa dovrebbe passare per un premier «terzo» e quindi non eletto (tema caro a Salvini) ecco che la lista dei contro si allunga di molto. Perché il rischio, concreto, è quello di finire per mettere in pista un esecutivo che nasce già commissariato dal Quirinale e dall'Europa, con qualche grand commis in ruoli chiave. L'antitesi di tutto ciò che rappresenta Salvini. Insomma, a meno che il leader della Lega non abbia deciso di spostare il suo orizzonte su un asse permanente con il M5s destinato a ribaltare lo scenario della politica italiana, dar vita ad un governo con i Cinque stelle in queste condizioni è una scelta ad alto rischio. Di qui le parole «molto franche» di Salvini al termine dell'incontro con Sergio Mattarella. Un discorso nel quale ha stressato soprattutto i punti dolenti, spiegando che «o si parte o si torna al voto». Nel giorno in cui era atteso il nome del premier «terzo», dunque, il leader della Lega sceglie di evocare le urne.

E per rispondere alla consultazione on line che il M5s farà sulla piattaforma Rousseau, lancia per sabato e domenica un referendum tra i militanti per sapere cosa ne pensano del programma di governo. Una gazebata che più che sondare il popolo del Carroccio - che le sue perplessità le sta già manifestando - serve a dare a Salvini una exit strategy nel caso voglia far saltare il banco. «Ce lo chiedono gli elettori», potrà dire il leader della Lega. Sempre che alla fine non decida che essendosi ormai troppo esposto, non si può tornare indietro fino al punto di far saltare l'accordo. In questo caso, però, racconta chi gli ha parlato, Salvini sarebbe intenzionato a non entrare nell'esecutivo. Un modo per tenersi le mani libere nel caso il governo gialloverde dovesse finire per andare a sbattere anzitempo.

Di certo, c'è che Salvini sta lentamente erodendo il successo politico incassato il 5 marzo. Il giorno dopo il voto, infatti, era senza alcun dubbio il leader indiscusso del centrodestra.

Oggi, pur essendosi ieri premurato di ribadire il suo ruolo di capo della coalizione, lo scenario sta invece cambiando. Le consultazioni al Quirinale, infatti, hanno visto Salvini salire al Colle e parlare a nome esclusivamente della Lega, con Forza Italia e FdI che si sono posizionati all'opposizione.

Con Berlusconi che tace ma non nasconde perplessità e delusione per le mosse della Lega e con la Meloni che ancora non ha perdonato al capo del Carroccio di averla mandata a sbattere nel faccia a faccia con Di Maio.

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