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Quei dubbi sulla giornalista siriana che Mattarella vuole premiare

Il presidente della Repubblica è pronto a conferire l'onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito all’italo-siriana Asmae Dachan. Ma la sua vicenda non è ancora chiara

Quei dubbi sulla giornalista siriana che Mattarella vuole premiare

Si è acceso un grande dibattito in seguito al post del presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che ha aspramente criticato la decisione del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di conferire l'onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito all’italo-siriana Asmae Dachan, figlia dell’ex presidente Ucoii e attuale dirigente della comunità islamica di Ancona, Mohamed Nour Dachan: “Asmae Dachan è figlia di Nour Dachan, legato ai Fratelli Musulmani, coloro i quali volevano trasformare la Siria in una nazione islamica salafita e che alimentano l’integralismo islamico nel mondo. Asmae Dachan stessa non ha mai negato i suoi legami con Haisam Sakhanh e Ammar Bacha, due militanti jihadisti noti alle cronache mondiali perchè ripresi in un filmato in cui sono impegnati a uccidere a colpi di kalashnikov alla nuca un gruppo di militari siriani. Ancora, la signora Dachan è stata ripresa mentre partecipava ad una manifestazione a Milano al fianco di Haisam Sakhanh, oggi detenuto in Svezia con una condanna all’ergastolo. In ultimo Asmae Dachan è nota anche per le sue posizioni sul hijiab definito ’carezza protettiva'”.

La Dachan è intervenuta in risposta alla Meloni con un lungo post sulla propria pagina Facebook e i cui punti salienti sono riassunti di seguito: “Secondo l’on. Meloni sarei una persona indegna di ricevere tale onorificenza in quanto simpatizzante con il terrorismo e l’integralismo islamico, sostenitrice di uno stato salafita in Siria, figlia di un leader, a suo dire, dei Fratelli Musulmani. Infine, sarei colpevole, sempre per l’on. Meloni, di aver difeso il velo, il fazzoletto che porto in testa a copertura dei miei capelli. Ho l’obbligo di rispondere a tali affermazioni”.

E ancora: ”Non vi è nulla di più distante da me, dalla mia educazione e dai miei convincimenti del terrorismo, della violenza, dell’integralismo. I miei articoli, i miei libri, la mia vita ne sono una testimonianza. Considero le dittature, tutte, comprese quelle religiose e salafite, un male da combattere. La libertà è il bene cui ciascun essere umano ha diritto ed è per questo che da italiana di origini siriane e da giornalista ho raccontato la tragedia del popolo siriano. A proposito del velo che porto in testa, considero le scelte delle donne un fatto che appartiene alle donne. Combatterò sempre chi pretende di imporre loro come vivere, cosa indossare (ivi compreso il velo), quali scelte di vita compiere”.

Al di là del dibattito in sé, ci sono alcuni elementi interessanti che vale la pena evidenziare.

Per prima cosa i legami segnalati tra due jihadisti partiti per combattere in Siria e i Dachan. È infatti emerso che la sorella di Asmae era fidanzata con Ammar Bacha, uno dei quattro “siriani di Cologno” immortalati in Siria, armati fino ai denti, durante i combattimenti contro le truppe di Bashar al Assad.

Accanto a Bacha viene più volte fotografato un altro dei quattro, tale Haisam Sakhanh, attualmente detenuto in Svezia dove sta scontando un ergastolo per aver preso parto a un plotone d’esecuzione che nel maggio del 2012 ha sparato a sette soldati governativi siriani nudi e inginocchiati con la testa al suolo. Il video dell’esecuzione era stato pubblicato nel settembre del 2013 dal New York Times e Sakhanh, una volta identificato, era stato arrestato, processato e condannato.

Nel marzo 2012 Amsae Dachan viene poi ripresa in un filmato di tre minuti e mezzo, girato a Milano, dove tiene un discorso davanti a manifestanti siriani anti Assad con sulle spalle la bandiera della “Siria Libera”. Alla sinistra della Dachan è presente proprio Haisam Sakhanh che un mese prima era stato arrestato a Roma per aver cercato, assieme a una dozzina di manifestanti, di assaltare l’ambasciata siriana durante una manifestazione, rimediando una denuncia e un processo per direttissima ed è proprio in relazione a quell'assalto che il 7 marzo 2012 sulla pagina Facebook "Comunità Siriana a Roma" compare il seguente messaggio, firmato Asmae Dachan :"Il prossimo 15 marzo a Roma verrà giudicato il gruppo di attivisti per i diritti umani in Siria che il 10 febbraio scorso ha assalito l'ambasciata di Damasco nella capitale italiana. Il gesto, dall'alto valore simbolico, è stato fatto in nome del diritto alla vita del popolo siriano ed è stato dedicato alle donne, ai bambini, ai giovani, all'interno popolo che sta pagando con la vita la scelta della libertà e della democrazia...".

Insomma, per la Dachan il gruppo di assalitori dell'ambasciata, tra cui quel Sakhanh che pochi mesi dopo avrebbe sparato alla schiena di uomini disarmati, erano "attivisti per i diritti umani" e l'assalto "un gesto dall'alto valore simbolico".

Risulta poi di particolare interesse il contenuto del discorso della Dachan ripreso nel filmato precedentemente citato, discorso nel quale attacca duramente il governo Assad e lamenta l’indifferenza del giornalismo internazionale: “Non ci arrendiamo alle violenze che il regime sta usando contro di noi. Noi siamo la Siria in Italia, siamo i portatori di questa bandiera dell’indipendenza, della libertà. Stiamo ricostruendo un nuovo paese dopo 40 anni di regime spietato".

La Dachan tira poi in ballo il “massacro di Hama”, quando nel febbraio del 1982 l’esercito siriano contrastò e neutralizzò un’insurrezione armata dei Fratelli Musulmani contro il governo baathista: “La prima vittima di questo regime è stata proprio la verità, perché se 30 anni fa, quando c’è stato il massacro di Hama, il mondo poteva dire di non sapere perché non c’era internet, oggi il mondo vede in diretta i massacri in Siria e i bombardamenti dell’esercito sulle nostre città, sulle nostre scuole e sui nostri luoghi di culto”.

E ancora: “Di fronte a quanto sta facendo Assad che è una campagna mediatica vergognosa. Loro parlano di milizie armate e ribelli. Noi non siamo ribelli, siamo costruttori di pace. Noi siamo legittimati a parlare e a rappresentare la Siria, perché siamo il popolo. Noi non ci fermeremo finchè il regime non sarà caduto e il regime cadrà inshalla”.

La Dachan avrà sicuramente creduto nell’idea del portare la pace, ma il suo vicino di comizio un po’ meno, visto che un paio di mesi dopo si trovava in Siria armato fino ai denti e sparava in testa a dei prigionieri disarmati e nudi.

Un altro aspetto interessante riguarda il reportage della Dachan fatto nell’agosto del 2013 in Siria, girato in gran parte nella zona di Aleppo che, all’epoca, era in prevalenza sotto il controllo dei jihadisti di Jabhat al-Nusra. Ora, non è dato sapere se la Dachan fosse accompagnata da loro, fatto sta che all’epoca era praticamente impossibile per un giornalista, a meno che non fosse schierato e accreditato dai ribelli, riuscire a raggiungere quelle zone e girare filmati.

C’è poi l’aspetto, citato dalla Meloni, del rapporto tra il padre di Asmae (Mohamed Nour Dachan) e i Fratelli Musulmani. In relazione a ciò è utile rispolverare un articolo dell’agosto 2015 pubblicato dal sito La Nuova Bussola Quotidiana, da sempre informato sulle vicende dell’organizzazione islamista e per il quale ha scritto la nota islamologa Valentina Colombo che è anche stata consultata dal magistrato Guido Salvini in un recente caso che ha coinvolto esponenti dell’islam politico milanese.

Il pezzo della NBQ espone come nel 2013 Nour Dachan sia stato co-fondatore del Syrian Center for International Relations and Strategic Studies assieme ad Amer Bu Slama e ad altri siriani legati alla Fratellanza. Nell’articolo viene inoltre reso noto che Amer Bu Slama veniva descritto in un articolo pubblicato nel 2013 dal sito dei Fratelli Musulmani siriani “ikhwansyria” come “un leader dei Fratelli Musulmani in Siria”.

Nel febbraio 2015 alla guida del Syrian Center subentrava poi Khaled Hasan al-Hindawi che, come afferma la biografia pubblicata sul sito, è anche membro dell’International Union of Muslim Scholars presieduta da Yusuf Qaradawi, teologo di riferimento della Fratellanza.

Aprendo la pagina attuale del Syrian Center for International Relations and Strategic Studies, sullo sfondo appare un'immagine in grande con la bandiera turca e quella dell’Unione europea. La Turchia è oggi il principale sostenitore dei Fratelli Musulmani assieme al Qatar e lo stesso Recep Tayyip Erdogan, molto apprezzato negli ambienti della resistenza siriana, è egli stesso legato all'organizzazione islamista.

Una serie di aspetti che non possono non destare perplessità.

E forse l’ipotesi di un riesame del conferimento dell'onorificenza, come proposto dal senatore Maurizio Gasparri, potrebbe essere la soluzione più idonea ad evitare un’esasperazione della vicenda che non è di beneficio per nessuno.

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