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Meloni in versione Thatcher anche a rischio di perdere voti

I segnali sono molteplici. Il governo ha all'improvviso impresso una stretta finale al superbonus edilizio, cioè il buco nero che sta inghiottendo miliardi e miliardi di euro della finanza pubblica

Meloni in versione Thatcher anche a rischio di perdere voti

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I segnali sono molteplici. Il governo ha all'improvviso impresso una stretta finale al superbonus edilizio, cioè il buco nero che sta inghiottendo miliardi e miliardi di euro della finanza pubblica. E ancora sta vendendo azioni delle Poste e di Mps. Insomma, assistiamo ad una virata liberale nella politica del governo: non siamo a privatizzazioni vere e proprie, ma la presenza dello Stato nelle grandi aziende pubbliche seguita a diminuire; e, ancora, sul superbonus, che è stato al centro di una trattativa nella stessa maggioranza qualche mese fa, di fatto è stata messa la parola fine. Una decisione che non era stata annunciata e che è stata presa all'improvviso nell'ultimo consiglio dei ministri perchè malgrado siano state messe nei mesi scorsi delle restrizioni, il provvedimento continua a essere una voragine nella quale si perdono un mare di risorse pubbliche. «È la mia maledizione», ripete da giorni il ministro dell'Economia.

Al di là della scelta quasi dovuta vista la condizione dei nostri conti, ciò che colpisce è il coraggio di farlo a pochi mesi dalle elezioni europee. Non è poco perché è naturale che la decisione potrebbe anche avere delle conseguenze negative sul piano del consenso, se si tiene conto del grande numero di italiani che hanno utilizzato il superbonus. Solo che messi di fronte all'opzione di rischiare voti e quella di evitare che questa sorta di virus inventato dalla spregiudicatezza grillina devasti ancora i conti dello Stato, Meloni e Giorgetti, quasi in solitudine, hanno scelto la prima.

Insomma, tra Margareth Thatcher e Achille Lauro, in questa occasione la Meloni ha scelto l'insegnamento della Lady di ferro. Un altro passo avanti nella lenta trasformazione del suo pensiero: si perde qualche tratto della cultura della destra sociale e si assumono elementi di una prassi più consona ad un partito conservatore.

Le ragioni sono molteplici e non riguardano solo i conti economici che a qualche settimana dalla presentazione del Def il ministro dell'economia in qualche modo deve far quadrare. C'è un problema di fondo che riguarda più in generale la fase internazionale e la congiuntura economica che stiamo attraversando.

Spesso ci dimentichiamo che sul nostro futuro pesano un numero di incognite che non ha paragoni rispetto al recente passato. Scriviamo e parliamo di terza guerra mondiale sui giornali e nei talk show ma non diamo il giusto peso alle parole. Usiamo quest'espressione perché è roboante, ma spesso nel dibattito comune non siamo consapevoli del quadro drammatico che si porta dietro. Siamo arrivati al punto che i russi - diceva ieri il ministro della Difesa Crosetto alla Camera - accusano pretestuosamente l'Occidente per l'attentato a Mosca per aumentare la tensione. E la situazione peggiorerà.

Ecco, in una situazione simile, di fronte ad un'emergenza internazionale che potrebbe richiedere investimenti per la Difesa, non puoi avere un quadro economico in cui c'è una variabile tipo il superbonus che inghiotte miliardi. Qualcuno si adombrerà per questo concetto, ma se in una situazione normale il rischio è squisitamente economico, oggi in questi frangenti investe addirittura la sicurezza nazionale, visto che non sappiamo cosa ci riserverà il domani. In fondo, con le mille differenze che dividono sempre il passato dal presente, ci sono spunti di quella logica che negli anni '80 guidò la Thatcher nella guerra per le Falkland con l'Argentina e nello scontro con i minatori inglesi. E per altri versi si tratta di un altro segnale all'Europa a pochi mesi dalle scelte che determineranno i nuovi equilibri nella Ue.

Appunto, ci sono momenti in cui i fatti assumono un valore diverso.

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