Storia

La vera "grande fuga" ha 80 anni: così i soldati Alleati beffarono i nazisti

Ottanta anni fa la più audace evasione della Seconda guerra mondiale dal campo di prigionia di massima sicurezza nazista: lo Stalag Luft III della "grande fuga".

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Sono trascorsi ottanta anni dalla "Grande fuga". L'evasione in massa di prigionieri di guerra Alleati dallo Stalag Luft III, il campo di concentramento costruito della Bassa Slesia, a Segan, dove vennero detenuti a partire dal 1942 tutti i piloti di caccia, di bombardieri e avieri di varie specialità abbattuti mentre erano in missione in territorio nemico o occupato.

Resa celebre dalla pellicola di John Sturges, con un indimenticabile Steve McQueen, la grande fuga del 25 marzo 1944 è forse la più leggendaria evasione della storia, a cui presero parte, contemporaneamente, 76 prigionieri di guerra di varie nazionalità. Tra cui inglesi, australiani, neozelandesi, canadesi, sudafricani e polacchi. Tra loro anche un greco, dei norvegesi e un olandese. Di loro, 73 vennero nuovamente catturati dai tedeschi che, colti da grave imbarazzo, impiegarono tutte le forze disponibili nel settore, tra forze armate, Ss e Gestapo, per dare il via a una caccia all'uomo che avrà tragiche conseguenze. Cinquanta di loro, infatti, vennero giustiziati per diretto ordine Adolf Hitler. Un'esecuzione sommaria e spregiudicata, condotta in luoghi diversi ed entro breve tempo dalla cattura.

Ciò che mirava a condannare in "maniera esemplare" l'evasione, onde evitare ulteriori pericolose emulazioni. L'esecuzione venne eseguita nonostante l'avversione di uno dei fidatissimi di Hitler, il feldmaresciallo Goering, comandante in capo della Luftwaffe, forza aerea del Reich cui era sottoposto il controllo dello Stalag Luft III.

Solo tre dei fuggitivi riuscirono nel loro intento. Due norvegesi, Per Bergsland, pilota dello Squadrone Raf n. 332, fuggitivo n. 44, e Jens Müller, pilota dello Squadrone Raf n. 331, fuggitivo n. 43, che si imbarcarono clandestinamente su un mercantile diretto in Svezia; e un olandese, Bram van der Stok, pilota dello Squadrone Raf n. 41, fuggitivo n. 18, che raggiunse Gibilterra dopo una piccola odissea attraverso Europa occupata. Egli venne aiutato della Resistenza francese, attraversando Francia e Spagna in treno e a piedi.

Il piano d'evasione

L'intero piano della grande fuga era basato sullo scavo di tre tunnel sotterranei, chiamati in codice "Tom", "Dick" e "Harry". Era stato progettato da Roger Bushell, pilota della Royal Air Force abbattuto nei cieli della Francia durante all'evacuazione di Dunkerque, che prenderà il nome di nome in codice di Big X non appena il "comitato di fuga" del campo ricevette l'approvazione dell'ufficiale più alto in grado.

Quando i vertici tedeschi decisero di costruire il campo di massima identificato come Stalag Luft III, per raccogliere i "recidivi" o per citare il film: "Tutte le mele marce", adottarono una serie di contromisure appositamente elaborate sui tentativi di fuga precedenti per impedire proprio la costruzione di tunnel. Ad esempio elevare dal suolo le baracche che accoglievano i prigionieri durante la notte per evitare il contatto con la terra, inserire microfoni nel suolo lungo le recinzione perimetrali del campo per udire eventuali rumori sospetti, e costruire il campo in un'area di sabbia gialla particolarmente difficile da nascondere. I tedeschi erano convinti di aver scoraggiato in questo modo ogni tentativo di "evasione", ma avevano sottovalutato la ferma volontà degli aviatori Alleati, i quali, in base all'ordine dei rispettivi comandi d'appartenenza, dovevano impegnarsi in ogni modo a dare del filo da torcere al nemico con tentativi di fuga e azioni di disturbo.

Il piano iniziale prevedeva l'evasione di circa 220 prigionieri. Selezionati tra gli avieri che avevano le migliori capacità linguistiche, per chi poteva più possibilità di successo, e selezionati mediante una lotteria. Ma la maggior parte di loro venne bloccata dal crollo di uno dei tunnel e dall'allarme lanciato dalle sentinelle che presidiavano le immancabili torrette di sorveglianza, armate delle temibili mitragliatrici Mg42.

La storia nella sua integrale realtà, è ben raccontata da Paul Brickhill, pilota australiano della Royal Australian Air Force sopravvissuto, abbattuto sul suo caccia Spitfire mentre era nei cieli della Tunisia, e poi recluso, come gli altri, nel settore inglese dello Stalag Luft III.

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