Il 13 aprile svanirà il sogno del kennediano Walter

Aiuto! In politica estera, Obama si ispirerebbe a Kennedy! Voglio ricordare che John Kennedy entrò alla Casa Bianca il 20 gennaio del 1961 e morì il 22 novembre del 1963. In questi relativamente pochi mesi (trentaquattro), si segnalò in politica estera per i seguenti exploit. Primo: spedizione (a dir poco fallimentare) della Baia dei Porci nella Cuba castrista il 17 aprile 1961. Le conseguenze furono: il definitivo allontanamento dell’isola dagli Usa, l’abbraccio da parte di Fidel del fino ad allora rifiutato comunismo, il passaggio di Cuba nell’area sovietica, l’apertura di una gravissima crisi con gran parte dei paesi latinoamericani; e infine l’esportazione a livello globale della guerriglia rivoluzionaria. Secondo: a seguito degli aumenti esponenziali - da lui voluti - degli armamenti, ci fu l’accentuazione del contrasto con l’Urss, testimoniata, per fare un solo, ma assai significativo, esempio, dalla costruzione a Berlino - agosto 1961 - del Muro. Terzo: invio in Vietnam di un sempre più numeroso contingente militare fino a coinvolgere gli Usa nel terribile conflitto asiatico. Quarto: crisi di Cuba del 1962. Apparentemente risolta con qualche apprezzabile risultato (il ritiro dei missili sovietici dall’isola), fu all’origine del segretamente contrattato ritiro, in contropartita, dei missili americani situati in Turchia, puntati contro l’orso russo. Che dire, poi, delle due tanto sbandierate iniziative kennediane che avrebbero dovuto cambiare il mondo (il «Corpo per la pace» e «l’Alleanza per il progresso») se non che si conclusero con sostanziali fallimenti? Ed ecco che oggi il buon Barack Obama, parlando della sua futura attività in politica estera, ove dovesse risultare eletto presidente, propone quale modello il «povero», inadeguato e incapace Kennedy. Che il Signore ci aiuti impedendone l’elezione! E al fine che così accada, converrà che ciascuno preghi.


Scusa, sai, ma tu ti vai a preoccupare per la corsa alla Casa Bianca? E quella a Palazzo Chigi? Ti ricordo che il candidato premier Walter Veltroni ha una cotta per Obama e una fissa per i Kennedy. Sia per John, del quale tu hai diligentemente elencato le malefatte planetarie e sia per Bob. Del quale a mia volta vorrei ricordare che fu consigliere di McCarthy ai tempi della caccia alle streghe; inaugurò la stagione dei «dirty tricks», i giochi sporchi in campagna elettorale; commise la mascalzonata di mettere sotto controllo le telefonate di Martin Luther King e dei suoi familiari; in veste di ministro della Giustizia guidò, dalla Casa Bianca, le operazioni per assassinare Fidel Castro e s’inventò la «counterinsurgency», le attività anti insurrezioni, con tanto di addestramento dei corpi speciali delle polizie sudamericane. Questo era Bob, per il quale Veltroni esce pazzo. Ci ha anche scritto su un libro, rorido e ispirato: Il sogno spezzato. E adesso pensa per un momento al Paese consegnato a chi afferma di voler ricalcare le orme di quegl’iraddidio dei Kennedy.

Altro che Prodi! Per fortuna, vedercelo a Palazzo Chigi è un rischio che non corriamo e se poi il 13 dovesse andarci alla grande, ovvero se il Piddì dovesse buscarle forte, questa è la volta buona che Veltroni va a fare il Kennedy de noantri nel Continente Nero. E anche un po’ l’Obama, vista la location.
Paolo Granzotto

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