Il segnale è arrivato dagli schermi della tv ribelle, Libya al Ahrar. «La fine è molto vicina», «e sarà catastrofica», ha detto in un discorso in diretta il leader del consiglio nazionale di transizione, Mustafa Abdel Jalil, il 20 agosto. Pochi minuti dopo, la battaglia per Tripoli è cominciata.
Dopo aver rotto il digiuno di Ramadan, gli abitanti di alcune zone orientali della capitale sono scesi in strada, armi alla mano, nel tentativo di sferrare un colpo fatale al regime di Muammar Gheddafi, proprio dallinterno della sua roccaforte, Tripoli. Il giorno dopo, centinaia di ribelli, dopo aver infranto lultima linea difensiva del colonnello a ovest della capitale, hanno fatto il loro ingresso in città, dando battaglia ai sostenitori del raìs.
«Abbiamo ascoltato parlare Mustafa Abdel Jalil. Sapevamo che avremmo iniziato a combattere al termine del suo discorso», dice Mahmoud Ben Jumaa. Il 56enne siede su una poltrona in finta pelle nellufficio del direttore di una scuola di lingue, che ai tempi del regime era una copertura per i servizi segreti interni e ora è la sede del consiglio ribelle locale. Sono mesi che gli abitanti del quartiere di Fashlum preparano in segreto la battaglia per Tripoli. Assieme ad altre aree orientali della città, come Suq al Jumaa e Tajura, da sempre roccaforti dellodio contro il regime.
Ramadan Belhaj è in tenuta da forze speciali, ma sta soltanto facendo la guardia a un check point di quartiere. Seduto a un tavolo di plastica, sul lato della strada, racconta come gli uomini di Fashlum abbiano preparato in segreto la rivolta da fine luglio, quando hanno iniziato a comperare armi, la maggior parte dagli stessi soldati di Gheddafi, pronti a vendere kalashnikov e mitragliatrici per qualche migliaio di dinari.
Racconti di unorganizzazione sotterranea durata settimane arrivano anche da altri quartieri della città. A Zawiyat Dahmani, sul lungomare di Tripoli, il giovane Ahmed Lajayli spiega come gli addestramenti militari segreti, la distribuzione di armi e di ogni tipo di equipaggiamento sia iniziata nella sua zona addirittura a maggio, foraggiata da uomini daffari locali.
Nella segretezza si è lavorato anche a livello politico. I membri del consiglio locale di Fashlum raccontano che da mesi Tripoli è divisa in «giunte» di quartiere locali che fanno capo a un consiglio cittadino clandestino. I nomi dei suoi rappresentanti restano ancora un segreto, nonostante giovedì lo stesso Consiglio di transizione nazionale sia sbarcato a Tripoli da Bengasi e abbia annunciato davanti ai giornalisti, assiepati in uno dei grandi hotel della città, linizio della sua attività nella capitale. Per mesi, i ribelli hanno comunicato in codice per evitare le intercettazioni telefoniche. «Ciao, come stai, che Dio ti benedica. Ci vediamo il 20 agosto, allora?». Così gli abitanti di Fashlum, racconta Mahmoud Ben Jumaa, si sono dati appuntamento in armi. La data, inoltre, ha una carica simbolica. I musulmani, il ventesimo giorno di Ramadan celebrano la conquista della Mecca da parte del Profeta Maometto, ricordano i ribelli.
Mahmoud Ben Jumaa ora siede a capo del consiglio locale ribelle, nel suo quartiere. Ma ha un curriculum di gheddafiano della prima ora, come altri leader della rivolta arrivati fino agli alti livelli nelle nuove istituzioni ribelli. È stato il direttore della stanza dei bottoni di una delle forze di sicurezza interne del regime. Ma dai giorni della rivoluzione di febbraio fino a qualche settimana fa, quando è stato scoperto ed è stato costretto a scappare, è stato un infiltrato dei ribelli: ha passato informazioni segrete per evitare arresti e facilitare le operazioni che hanno portato alla battaglia per Tripoli. «Lo abbiamo scelto come capo del consiglio perché sa bene come agire in segretezza», dice di lui Abdel Basat, che si occupa della sicurezza nel quartiere.
Il consiglio locale di Fashlum, assieme a unaltra ventina di «giunte» locali, agiscono ormai da qualche giorno allo scoperto e in coordinamento con la leadership di Bengasi, in fase di trasferimento a Tripoli, stanno già lavorando al dopo-Gheddafi.
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