Il mercato dellauto ha, nelle flotte aziendali, una componente di rilievo. Il problema irrisolto continua a essere quello legato alla fiscalità che, se affrontato in concreto con lallineamento dellItalia alle altre realtà europee, consentirebbe un incremento stabile delle vendite in questo comparto di 100mila veicoli lanno. LUniversità Bocconi, su incarico di Bmw Italia, ha ultimato uno studio sullimpatto economico della fiscalità legata allauto aziendale, raffrontando la situazione italiana con quella delle altre nazioni. Solo in Italia, al riguardo, vige la quota ammortizzabile del «bene-auto» limitata al 40% su un limite di 18mila euro, rispetto al 100% di Francia, Germania, Spagna e Regno Unito. Sempre in Italia, poi, la quota Iva detraibile ammonta solo al 40%. Lo studio della Bocconi analizza questi aspetti e, prendendo in esame la rete dei concessionari premium (400 imprese con un fatturato medio tra 25 e 40 milioni, per un totale di circa 25-30mila addetti interessati), mette laccento sulle ricadute positive per il settore generate dalladozione di un nuovo schema fiscale. Lobiettivo, secondo lanalisi, «è di creare uno stimolo alla domanda di medio lungo periodo stabile, differente da quello di stimolo breve perseguito dalle campagne di incentivo». Interventi in questa direzione porterebbero «a unaccelerazione del rinnovo dei parchi veicolari, con benefici allambiente tangibili» per le vetture che compongono le flotte. Il rilancio del comparto delle auto aziendali, inoltre, «garantirebbe una maggiore solidità finanziaria dei concessionari, che sarebbero quindi meno soggetti a fallimenti e non avrebbero bisogno di tagliare il personale». In più, verrebbe facilitato anche laccesso al credito bancario, «grazie alle prospettive di ripresa delle vendite». Effetti positivi, poi, si avrebbero sul mercato dellusato «in virtù di una maggiore rotazione dei parchi vetture». Gli esperti dellateneo milanese, nelle loro conclusioni, evidenziano due strade che, se percorse, da un lato porterebbero benefici alle piccole e medie imprese e al mercato delle flotte, mentre dallaltro lo Stato si troverebbe a scommettere sulla possibilità di portare in cassaforte maggiori risorse. La prima via individuata innalza il limite da 18mila a 25.822 euro con una detraibilità dellIva al 50%. Tali misure comporterebbero minori entrate per lo Stato pari a circa 500 milioni, compensabili però con laumento delle vendite di vetture aziendali quantificato in 19.400 veicoli premium e 49.300 non premium. Le oltre 68mila unità vendute, cioè la somma di premium e non premium, permetterebbero al Tesoro di cominciare a guadagnare. La seconda ipotesi, riguarda una fiscalità priva di limite fiscalmente rilevante. E anche qui le entrate erariali minori rispetto a ora, sarebbero compensate dalle nuove immatricolazioni. Unazione in questa direzione potrebbe spingere molte imprese allacquisto di nuove auto aziendali, in particolare di classe medio alta.
Per la Bocconi solo una fiscalità che favorisca linnalzamento della percentuale di immatricolazioni a carico di aziende, porterebbe a un maggiore tasso di sostituzione del parco, rendendo la flotta di veicoli italiani più giovane, con minori emissioni e costi di manutenzione. Un turnover che rilancerebbe lintero comparto italiano dellauto.