«Ai canali storici resta la cronaca choc»

Carlo Freccero, direttore di Rai4, uno dei canali digitali free di maggior successo, è entusiasta dell’avvento della tv liquida.
Il modo di guardare la televisione sta cambiando rapidamente. Quale sarà il nuovo scenario del telespettatore?
«Con l’arrivo del digitale terrestre e delle pay tv, la televisione sta vivendo una profonda rivoluzione. La moltiplicazione delle reti impone una differenziazione delle stesse sulla base di prodotti fortemente identificati. Le reti tematiche ci hanno abituato alla possibilità di accedere in qualsiasi momento della giornata a contenuti specifici di nostro interesse. Non si parla più della prima o della seconda serata: a qualsiasi ora, con la pay tv o la net tv, posso vedermi il mio telefilm preferito, un “action”, un “crime”… È qui che nasce la presunta crisi della tv generalista, obbligata a praticare un’audience indifferenziata, massificata, al mattino o al pomeriggio».
Come risponde la tv generalista a questa frammentazione dell’audience?
«Creando degli eventi. È il trucco della televisione tradizionale: trasformare in fiction la cronaca rosa e nera. Avetrana, Brembate, le gemelline scomparse sono l'esempio più chiaro di questa strategia».
L’informazione diventa infotainment…
«L’infotainment è una corruzione dell’informazione. Occupandosene per settimane in modo quasi ossessivo, la tv generalista “realityzza”, trasforma in reality le tragedie della cronaca. Oppure le spettacolarizza, come il terremoto del Giappone. La spettacolarizzazione avvicina un evento lontano. Poi ci sono gli eventi classici e irrinunciabili, Sanremo, Miss Italia eccetera».
Questa è una "tv solida", alla quale soprattutto i giovani non sembrano interessati…
«Chi non è interessato a questa condivisione, a questa tv famiglia, continua a cercare la sua tv culto, perché appartiene a un pubblico di fan che si ritrova sulle pay tv e sul web. Le reti tematiche soddisfano gruppi di fan e il pubblico dei nativi digitali. Sono telespettatori atipici, attivi anche se prigionieri del proprio gusto e della propria identità, che richiedono prodotti forti non reperibili nei magazzini della tv tradizionale».
La tv liquida è alimentata anche dall’espansione dei social network?
«È una televisione fortemente personalizzata. Io sono un fan di un programma di culto che poi ritrovo nelle discussioni nella mia community, nel mio social network. Siamo tante isole di ascolto, sfruttiamo l'interattività e la convergenza di tutti i mezzi digitali.

Lo vedo anche da Rai4, dalla composizione del pubblico di serie come Breaking Bad oppure Misfits, il primo teen drama abbinato allo sci-fi. È un fenomeno che cavalca la coda lunga di internet: la rivincita delle minoranze rispetto alla dittatura della maggioranza della tv generalista».

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