Alagna: «Divento Radames, poi vado a Sanremo»

da Milano

La voce sprigiona sole, è morbida e pieghevole: da tenore lirico spinto. Poco «pieghevole», invece, il carattere. Perché Roberto Alagna, il tenore che il 7 dicembre sarà Radames nell’Aida, è forte e roccioso come la montagna che ha il suo stesso nome. Un ciclone d’energia, impagabile battagliero, Alagna non si fa problemi a piantare in asso direttori o registi quando le idee non quagliano. Così come s’infervora per un pubblico che, lui dice, ha perso in naturalezza, imbalsamato da riti e convenzioni: «Sembra che abbia paura ad applaudire, a manifestare quello che pensa. Un tempo, lasciando il teatro alla Scala trovavi la folla, ora tutto s’è spento», lamenta. E lancia un appello perché «gli italiani, notoriamente ricchi di adrenalina, ritornino ad essere vitali anche a teatro». Vedremo le reazioni che susciterà il suo Radamès, personaggio «che canta da poeta ed è poco guerriero».
Questa sua interpretazione come è stata accolta?
«Zeffirelli mi ha detto: “Stai cambiando tutto. Però va bene”».
Ma è proprio così poco pugnace Radames?
«Il suo unico scopo è di unirsi ad Aida. È la principessa d’Egitto Amneris a volerlo guerriero vincitor. Lui è poco ambizioso, altrimenti avrebbe sposato Amneris tenendo Aida come amante».
Il Radames di riferimento?
«Bergonzi e Pavarotti, premesso che un cantante è comunque divino, un superman».
In che senso?
«A differenza di quanti collaborano alla realizzazione di un’opera, un cantante cammina sempre su un filo che si può spezzare da un momento all’altro. Ci vuole coraggio per fare questo mestiere».
Che ora, usando il parametro della celebrità, ha ceduto le consegne a direttori e registi...
«Purtroppo sì. Ma le sembra giusto che a un cantante non si rimborsino le spese di permanenza in città? Sa che vi sono colleghi che non si possono permettere hotel e taxi e vengono a teatro in metrò?».
Tornerà alla Scala per Manon Lescaut. E poi?
«Si vedrà. Tornerò solo se si continuerà a lavorare in un certo modo. Avverto comunque un profumo di cambiamento. Da tempo, ormai, all’estero non si parlava più della Scala. Mi auguro che ora si riappropri del fregio di primo teatro al mondo».
Per l’etichetta Universal sta incidendo una serie di crossover. Cantante di ampie vedute...
«Dopo vent’anni di carriera voglio anche divertirmi, fare quello che mi piace. Mi invitano a Sanremo? E io ci vado, proporrò una canzone di Maurizio Fabrizio».
Non teme critiche ?
«Io ci vado per rappresentare la mia categoria, è un modo per lottare contro l’apartheid della lirica».
Nel frattempo sta producendo film in proprio...
«E la cosa mi intriga sempre di più. Con Werther, quarta produzione, realizzo il mio sogno: produrre un film applicando alla lirica la tecnologia moderna.

Basta con quelle riprese che sostano sull’orchestra, l’azione è portata avanti dai cantanti e noi la riprendiamo con la rapidità e il gusto per il dinamismo del cinema contemporaneo».
Sua moglie, Angela Gheorghiu, seguirà lo spettacolo?
«Già è qua». Con buona pace per quanti paventavano il tramonto della coppia delle coppie della lirica.

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