Continua a ripetere che non ha nessuna intenzione di lasciare il Popolo della libertà. Che di candidarsi dallaltra parte, sia quella dei neonati finiani o addirittura il centrosinistra (come in questi giorni qualcuno addirittura sta fantasticando) non se ne parla. Che è, ma che soprattutto rimarrà pidiellino. Anzi berlusconiano. Ma nonostante tutto lex sindaco e oggi europarlamentare Gabriele Albertini continua a martellare il suo partito. Quello di cui, dopo una vita senza tessere, ha scelto di far parte. «Per rilanciare la propria azione - confida in unintervista a Liberal oggi in edicola - il Pdl dovrebbe puntare sulle tre cose che Fini ha chiesto a gran voce: ladozione di un codice etico, un costruttivo dibattito interno sulla strategia politica e democrazia nellelezione della classe dirigente». Tre punti fermi già fissati nei giorni prima di Ferragosto in un colloquio col Giornale. «Ma Berlusconi - picchia pesante Albertini - è prigioniero di una pletora di pretoriani che lui stesso ha scelto. Che ne tarpano lo slancio e che ora lo sequestrano. Per questo motivo il Pdl è un partito che, per come è strutturato oggi, rischia seriamente di non sopravvivere al proprio leader. Attorno alloracolo cè una corte di nominati, non di eletti, che difende con i denti il potere elargito dal principe, ma non legittimato dal popolo. E per questo aborrisce ogni confronto». Ancora una volta parole dolci per Berlusconi, dunque, ma picconate alla classe dirigente pdl. «Credo fortemente nel progetto del partito e lho già detto al presidente del consiglio. Ha le potenzialità di rimanere in vita per intere generazioni, ma per farlo bisogna cambiare prospettiva».
Non certo da garantista anche la convinzione che qualche intervento dei giudici sia più nocivo delle esternazioni dei colonnelli finiani. «Hanno fatto più male a Berlusconi - attacca Albertini - i casi Scajola, Di Girolamo, Cosentino, Lunardi e Verdini rispetto alle dichiarazioni di Bocchino, Granata e Briguglio. Cè modo e modo di governare. Quando sono stato commissario straordinario a Milano, ho speso di mia iniziativa 3 miliardi di euro. E nessuno ha mai avuto nulla da ridire. La magistratura non ha mai aperto un fascicolo sul mio conto».
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