All’Esquilino è già polemica per la moschea

All’Esquilino è già polemica per la moschea

Calcinacci dappertutto, sette, otto persone al lavoro. Molti arabi, qualche bengalese, «tutti volontari», specifica il capomastro, originario dell’Arabia Saudita. «Mi soprannominano l’Andreotti arabo», aggiunge, ma il suo vero nome è Kabir. Anche lui, come gli altri, da circa una settimana sta lavorando alla costruzione di una moschea in via San Vito 12, nel cuore dell’Esquilino, tra via Merulana e via Carlo Alberto. Il presidente dell’associazione «Hil Ful Fuzul Social Organization Onlus», Mustafa Kamal, ieri ha annunciato all’agenzia di stampa Aki-Adnkronos che «l’inaugurazione è in programma il prossimo 7 settembre, dalle ore 10 alle 11, anche se non si è sicuri di farcela per la data stabilita». Le polemiche, comunque, sono già in corso. Alexandra Zapotoczny, giornalista polacca abitante in via San Vito da quattro anni, dice di non essere contraria alla costruzione di una moschea. «Ma è il quartiere che è sbagliato - continua la ragazza -. Ci sono già situazioni esplosive, data la presenza di molti immigrati e della droga che circola dappertutto. Abbiamo anche una cappella buddista, poco distante. Sicuramente la nascita di una moschea creerà problemi. Per razzismo, certo, ma anche per la paura di attentati terroristici nel cuore della capitale». Senza contare che la moschea sorgerà accanto alla chiesa cattolica di San Vito. Il parroco dice di non sapere a cosa gli uomini, suoi vicini di «casa», stanno lavorando. Lo informiamo che si tratta di una moschea. Si cela dietro un duro silenzio. «Non pensa nulla al riguardo?», chiediamo. «Quello che penso lo tengo per me», risponde laconico.
Secondo molti musulmani romani, impegnati in queste ore nella realizzazione di questa nuova iniziativa, l’apertura di un centro islamico accanto a una chiesa della capitale potrebbe essere una buona occasione per rilanciare, dal basso, il dialogo interreligioso. Non la pensano allo stesso modo molti degli abitanti della zona. Daniela Proietti, insegnante che vive in piazza Vittorio da più di due anni, spiega che «non si tratta di razzismo, ma di timore per quello che potrebbe accadere». E il tabaccaio di via Leopardi aggiunge che «ci mancava solo una moschea nella zona. Per il resto abbiamo tutto... droga, vagabondi sotto i portici, commercianti cinesi che costringono gli italiani a chiudere bottega».
Alle orecchie degli operai che stanno lavorando per la realizzazione del luogo religioso queste voci non giungono. Anzi, si mostrano orgogliosi della loro opera. «All’inaugurazione - dice Kabir - verranno Andreotti, Veltroni, Marrazzo e Mario Scialoja (il presidente della Lega musulmana mondiale in Italia, ndr)». Sarà presente anche un importante Imam, lo sceicco Ubeidulhaqq, noto all’interno della comunità bengali per essere la guida religiosa della moschea «Beit al-Mukarram» di Dekka.
Nel pomeriggio del 7 settembre i fedeli dovrebbero celebrare la prima preghiera del venerdì all'interno della nuova moschea. Ma la costruzione per ora va a rilento.

Manca ancora quasi dappertutto il pavimento, l’intonaco è assente e anche gli operai non mostrano troppo fretta. Alla domanda se pensano di farcela per il 7 settembre, il capo mastro risponde «Insciallah», se Dio vuole. Il resto, lascia intendere, ha poca importanza.

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