All’Occidente resta un nemico: se stesso

Il pericolo di un conflitto di civiltà (forse) è passato. Non però l’ombra di una guerra semifredda

All’Occidente resta un nemico: se stesso

Dieci anni fa finiva il mondo. Era una gior­nata qualunque, non s'avvertiva aria d'apo­calisse ma di fine estate. E invece finiva il mondo. La svolta millena­ria che temevamo da bambini per il Duemila arrivò l'anno dopo. E ar­rivò come una fiction, in tv, e noi increduli a vedere e capire se era davvero un film di genere apocalit­tico o la realtà nuda e cruda. Poi ci convincemmo che non era la fine del mondo ma era finita la fine del­­la storia, proclamata un decennio prima; la storia ricominciava, alla grande. Islam contro Occidente. Terza Guerra Mondiale diffusa. Non più est contro ovest ma sud contro nord, non più comunismo ma fanatismo para-religioso, non più scontro di superpotenze ma focolai di guerra e terrore disseminati nel mondo. Avvertimmo l'11 settembre come l'inizio di una nuova sanguinosa storia mondiale, il campanello d'allarme di una chiamata globale alle armi. E invece no, continuarono guerre e guerrette, conflitti locali, qualche attentato, ma la guerra mondiale non venne. Da allora ricominciò l'età dell'insicurezza, ma la mobilitazione totale fu un falso allarme.

E adesso cosa resta di quell'11 settembre, che bilancio ci lasciò a ripensarlo dopo dieci anni? Per cominciare non fu uno scontro di civiltà, la civiltà islamica d'oriente contro la civiltà cristiana d'occidente. E non lo fu dall'inizio. Se i fanatici dell'Islam avessero voluto dichiarare guerra alla civiltà cristiana avrebbero colpito la Basilica di San Pietro o - per prendere due piccioni con una fava - la cattedrale di New York, non un santuario della finanza e della tecnica, un simbolo della potenza americana e occidentale, le Due Torri. I fanatici volevano colpire la supremazia occidentale, il materialismo d'Occidente, l'irreligione e la superbia occidentali, non la fede e la civiltà cristiana.

Poi sarebbe facile e anche veritiero evocare quell'evento come l'aggressione dei fanatici ad una civiltà liberale fondata sui diritti dell'uomo, sul rispetto della vita e della libertà e sul ripudio della violenza e della guerra. Ma è una mezza verità. L'altra metà fu che l'Occidente si era imbarcato in una sciagurata guerra nel Golfo, con propaggini afghane e mediorientali, che fu giustificata da nobili principi, mossa da interessi geo-economici e commerciali e condotta con brutali violazioni e palesi cecità: bombe sui civili e su luoghi antichi e sacri di civiltà, stragi, errori strategici e militari a ripetizione, violazione di tradizioni e usi altrui, sanzioni ed embargo su medicinali e cibi a popolazioni inermi. La guerra a Saddam resta a mio parere, e so di non esprimere la linea del Giornale di allora e di adesso, una guerra sbagliata, atrocemente sbagliata. Mi riconobbi allora e mi riconosco ancora adesso nelle parole del Papa e non mi accodai allora e né mi accodo adesso alle utopie autolesioniste del pacifismo.
Va poi detto che la guerra tra Islam e Occidente, non solo non coinvolse né tutto l'Islam né tutto l'Occidente, ma giovò alla fine solo ai Terzi: da quella guerra semifredda con l'Islam non uscì infatti rafforzata né la supremazia americana e occidentale e nemmeno dall'altra parte la forza dell'Islam; ma crebbe il ruolo di Soggetti Terzi, come la Cina o l'India. Tra i due litiganti, i terzi godettero e godono ancora. La tensione mondiale, la ridefinizione dei ruoli, non favorì nemmeno lo sviluppo di una Forza Europea. Crebbe il Mercato Europeo, con la sua Moneta, non la sua forza politica, strategica e militare. Il suo ruolo restò secondario e privo di unità.

Anche dopo l'11 settembre i pericoli maggiori che corre l'Occidente non provengono da nemici esterni ma dalla stanchezza dell'Occidente stesso, il consumismo esasperato, le speculazioni in borsa, l'economia irreale, i suoi squilibri sociali, la perdita di riferimenti superiori e di legami sociali, la corruzione interna e il nichilismo. L'occidente continua a farsi del male da solo, e continua ad essere il Nemico principale di se stesso.

Ripensando a quell'11 settembre vorrei dire infine un paio di cose. I cosiddetti kamikaze non avevano nulla a che fare con gli eroi giapponesi, colpivano in modo feroce obbiettivi civili, seminavano e ancora seminano terrore tra la gente inerme e innocente. Emerse tuttavia la vulnerabilità della Tecnica e del Guscio occidentale: isolati fanatici con minime armi possono infliggere catastrofi a superpotenze mondiali, mandare in cortocircuito interi sistemi difensivi. Un uomo disposto a morire è più forte di un Apparato così potente e sofisticato. Tragica e beffarda rivincita dell'Umano contro la Tecnica proprio sul terreno del Disumano.
Invece i pompieri di New York scrissero una pagina mirabile di coraggio, amor patrio, dedizione e solidarietà. Invidiai l'orgoglio americano, mi sentì anch'io, nel dolore e nell'orrore, americano, nonostante tutte le mie riserve storiche, geopolitiche e culturali sull'americanizzazione del mondo.

Ma restano ancora ombre misteriose su quell'11 settembre. Diffido dei complottismi fantasiosi e ancor più dei negazionismi dissennati, ma resta oscuro l'attentato al Pentagono, l'abbattimento di aerei civili, insieme ad altre cose. Possiamo però dire che quell'allerta è oggi in larga parte rientrato.

Se neanche l'uccisione di bin Laden ha prodotto reazioni e ritorsioni vuol dire che quel pericolo forse è passato o rientra tra altri, possibili motivi di insicurezza. Uso il forse perché gli anniversari hanno sempre qualcosa di inquietante e qualcuno starà pensando di accendere o spegnere pericolose candeline.

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