Allarme Chelsea

Londra Il personaggio ormai è noto. Travolgenti passioni che presto declinano nell’insofferenza. E’ successo con Josè Mourinho, liquidato senza troppi complimenti non appena aveva smesso di vincere. Rischia ora identica sorte Carlo Ancelotti. Inseguito, atteso, corteggiato prima. E adesso oscurato dall’ultima bramosia di Roman Abramovich, di nome Pep Guardiola. Il novembre orribile del Chelsea è solo una ragione in più per assecondare il suo nuovo desiderio. Replicare allo Stamford Bridge il modello Barcellona, ovvero vittorie accompagnate dallo spettacolo. Vincere, anche il “double” come è riuscito ad Ancelotti nella sua prima stagione inglese, non gli basta più. Come non gli interessano giustificazioni-attenuanti-ragioni sul perché l'attuale Chelsea non possa giocare come il Barcellona.
Inutile ricordargli che da almeno due anni i Blues non fanno mercato mentre i catalani hanno accumulato debiti prima per Zlatan Ibrahimovic poi per David Villa. L’unica colpa di Ancelotti – se tale può essere – è di non aver alzato la voce per richiedere qualche aggiustamento in corsa. Il Chelsea ha sì sposato la linea dell’austerity, riducendo gli investimenti sul mercato e abbassando il monte-ingaggi, senza però ridimensionare gli obiettivi. Conferma in Premier League e assalto alla Champions League. Traguardi eccessivi per una rosa - identica allo scorso anno (l'unico acquisto è il brasiliano Ramires, mentre per Yossi Benayoun la stagione è già finita) - che secondo molti osservatori è ormai logora, per di più assottigliata dagli infortuni (Frank Lampard indisponibile da agosto, John Terry da quasi un mese).
Complice anche un calendario favorevole, in avvio di stagione il Chelsea aveva illuso, poi la crisi. Solo quattro degli ultimi 15 punti a disposizione, un brusco rallentamento costato il primato (dopo aver recuperato sette punti, il Manchester United comanda a +2). Una fotografia impietosa della crisi dei Blues resa ancora più evidente dalle statistiche dei gol: solo due reti all’attivo negli ultimi 450’, 7 al passivo. Dati sorprendenti se raffrontati alle prime 10 uscite della stagione quando il Chelsea correva spedito ad una media di quasi tre gol a partita (2,7), subendone in totale solo 3. Il pari nell’ultimo turno sul campo del Newcastle (quando il Chelsea per la sesta volta nelle ultime otto partite si è trovato in svantaggio) è terapeutico come un brodo caldo. Una sconfitta a St James’ Park avrebbe prodotto un terremoto, ma il punticino non basta per riportare il sereno.
A fine gara Ancelotti ha fatto esercizio di ironia: «Ho sentito le voci su Guardiola ma non dovete chiedere a me. L’allenatore è sempre l’ultimo a sapere certe cose». Come la moglie tradita. E nel frattempo ha chiesto ai suoi il ritorno al vertice entro Natale. Una vera impresa dal momento che nel prossimo mese i Blues sono attesi da tre scontri diretti: Tottenham, Manchester United e Arsenal in successione. Ma solo così si allontana l’ombra di Guardiola, che a Londra potrebbe essere preceduto da un ex Barcellona, il direttore sportivo Txiki Begiristain, suo amico fraterno.

Fatti fuori nel giro di una settimana il vice di Ancelotti, Ray Wilkins, quindi il direttore sportivo Frank Arnesen, una volta di più Abramovich conferma la sua fama di spregiudicato decisionista. Così ricco e così avaro (almeno di gratitudine).

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