Il beauty contest sulle frequenze televisive è stato sospeso per 90 giorni. Lo ha deciso il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, per «avere il tempo di definire al meglio la destinazione delle frequenze».
Una decisione annunciata ma che lascia scontenti non solo Mediaset, che doveva insieme alla Rai ottenere dal beauty contest nuove frequenze, ma anche chi sta sulla sponda opposta per motivi ovviamente diversi. Vincenzo Vita, del Pd, ha infatti chiesto perché «solo sospendere e non abrogare la norma dello schema di gara del beauty contest». Quanto a Mediaset, ha spiegato le sue ragioni in un comunicato. La società, infatti, ritiene che latto approvato ieri sera dal governo Monti «sospenda una situazione di legalità che deve invece essere al più presto ristabilita». Per la società del biscione «il beauty contest non regala niente a nessuno, tanto meno agli operatori integrati come Mediaset, che nel passaggio dallanalogico al digitale sono stati già penalizzati con la perdita di un multiplex ciascuno». Inoltre, rivendica di aver «sempre acquisito sul mercato, pagandole, le frequenze in uso e di versare ogni anno allo Stato un cospicuo canone di concessione calcolato in percentuale sul proprio fatturato». Mediaset confida, quindi, che il ministero e il governo restituiranno certezza al diritto. La società ha altresì spiegato di «aver già fatto investimenti sulla procedura in corso e di riservarsi la valutazione di azioni necessarie alla tutela dei propri interessi in quanto società quotata».
Oltre a un gigante come Mediaset anche la piccola emittente Prima tv, che fa capo al finanziere tunisino Tarak Ben Ammar, ha espresso il suo disappunto. «La sospensione in via durgenza - ha spiegato Prima Tv in un comunicato - non tiene infatti in alcun conto il quadro giuridico del Beauty contest, fondato su provvedimenti aventi forza di legge e finalizzato a garantire uno sviluppo pluralistico e competitivo del comparto della radiodiffusione televisiva su frequenze terrestri, i cui lineamenti essenziali sono stati prima discussi e poi approvati dalla Commissione europea, al fine di chiudere una procedura dinfrazione in essere dal lontano 2005. Lo Stato italiano ha assunto un impegno preciso, avviando la procedura pubblica di assegnazione, nei confronti di tutti gli operatori di rete che vi hanno preso parte sostenendo a loro volta tutta una serie di obbligazioni estremamente onerose da un punto di vista finanziario, e questo impegno deve mantenerlo, a maggior ragione, nei confronti di chi, ha sempre adempiuto ai suoi obblighi venendone invece discriminato prima dai ritardi della data di switch off (del digitale terrestre, ndr) e poi dalla sospensione della gara».
Tra gli scontenti ci saranno anche gli operatori di tlc mobili che hanno partecipato alla gara Lte sborsando circa 4 miliardi di euro per le frequenze. Ma finché quelle televisive non saranno sistemate, quelle per la banda larga sui cellulari (ossia quelle Lte) non potranno essere messe a disposizione e, dunque, gli operatori, che hanno già pagato una quota di quanto dovuto, non potranno cominciare a realizzare la rete mobile con la nuova tecnologià.
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