Marta Ottaviani
da Istanbul
Sembra un incubo senza fine. Ieri mattina il ministro turco della Sanità Recep Akdag ha ammesso l'esistenza di altri due casi di influenza aviaria, questa volta a Van. E nel pomeriggio l'Organizzazione mondiale della Sanità ha reso noto che altri due bambini sono risultati positivi ai test per rilevare il virus H5N1.
In tre giorni la Turchia si è trovata di fronte a una tragedia dalle conseguenze che potrebbero rivelarsi catastrofiche. Ieri, nella sola zona di Igdir, sono stati abbattuti 15mila volatili. Ma in questo momento tutta la parte orientale del Paese è potenzialmente infetta e, quel che è peggio, parzialmente fuori controllo.
Nella lista dei luoghi pericolosi sono finite anche le città di Erzurum, Diyabarkir, Sanli Urfa, Adana, Samsun, Batman e Gaziantep. Proprio a Sanli Urfa quattro persone sono state ricoverate in ospedale dopo aver preparato e mangiato carne di pollo, ma non si sa ancora se siano stati contagiati dal virus o meno. Lo stesso ministro Akdag è stato costretto ad ammettere, non senza una punta di imbarazzo, che nella parte orientale della Turchia i controlli sono più complicati per il motivo che molte persone vivono solo dell'allevamento di pollame.
E, forse, si può dire che, fino a questo momento, le due vittime dell'influenza aviaria (sulla terza sono ancora in corso test di verifica da parte dell'Oms) siano morte per disinformazione e disperazione. La disinformazione da parte di un governo che forse non ha fatto tutto il possibile per fronteggiare la situazione e la disperazione di centinaia di famiglie per le quali l'allevamento e la vendita dei polli rappresenta l'unica fonte di sostentamento e che per questo avrebbero avuto bisogno di essere maggiormente seguiti e non lasciati, come sembrerebbe finora, abbandonati al loro destino negli sterminati altopiani dell'Anatolia.
Ma la notizia peggiore potrebbe ancora arrivare: la squadra dell'Oms deve chiarire se la modalità di contagio è stata da animale e uomo o da uomo a uomo. Un'eventualità, questa, che né Akdag né l'Oms si sono sentiti di escludere. La delegazione doveva essere a Van già ieri. Ma anche il maltempo sembra voler giocare il proprio ruolo in questa tragica partita e, dopo giorni di tepore primaverile, la partenza è stata rimandata a causa delle condizioni climatiche e della presenza di nebbia. Il loro arrivo e l'effettuazione dei test sono previsti per oggi. Da quel momento tutto il Paese e a questo punto tutta l'Europa, dovrà attendere 36 lunghissime ore prima di scoprire se l'influenza aviaria, l'H5N1 o il «virus dei polli», come si preferisce chiamarlo, è davvero quella terribile pandemia che tutti temono o no.
I media turchi sembrano essersi improvvisamente svegliati da un lungo torpore, quasi a voler cercare di colmare le lacune dei giorni scorsi. E cominciano a dividersi. Il quotidiano d'opposizione Bir Gün punta l'indice contro l'esecutivo di Erdogan, parlando di «roulette turca», mentre Zaman, vicino alla destra fondamentalista, preferisce porre l'accento sul fatto che per parlare di epidemia è ancora troppo presto. Le versioni on line dei giornali e i notiziari televisivi continuano a ripetere di stare lontani da volatili di qualsiasi tipo e se possibile di non avvicinarsi alle zone potenzialmente infette.
In una Istanbul fredda e sonnolenta le persone cominciano ad avere paura. Li trovi nei bar e nelle sale da the in gruppo davanti alla televisione. Tutti con gli occhi rivolti ai telegiornali e non ai notiziari sportivi, come avviene spesso durante i fine settimana. Nemmeno il Fenerbahçe riesce ad allontanare lo spettro dell'influenza aviaria. Perché adesso la sua presenza potrebbe essere a poche centinaia di chilometri.
Le prenotazioni per il Bayram (la festa musulmana che durerà tutta la prossima settimana) per Van sono state in gran parte annullate. E per le strade la gente butta gli occhi alle vetrine dei ristoranti e dei buffet per vedere se hanno carne di pollo, come se la sua assenza fosse in qualche modo una consolazione per tutta quella che c'è stata prima.
Erdogan ieri è apparso ancora in televisione, ma questa volta solo per ricordare che il governo ha fatto e sta facendo tutto il possibile. Forse lo deve ricordare con tanta insistenza perché sa che una buona parte del Paese non gli crede.
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