Altro che dialogo, dal Pd all’Udc il solito mantra: «Dimissioni»

RomaLa decisione del governo è filtrata proprio mentre al Senato era in corso la conferenza dei capigruppo. All’ordine del giorno il programma dei lavori sul voto della manovra di correzione dei conti pubblici.
L’esecutivo autorizza a porre la fiducia sul maxiemendamento di modifica al decreto. E dall’opposizione parte un susseguirsi di polemiche sul metodo del voto, più che sul merito dei nuovi provvedimenti. Grandissima freddezza da parte dell’Udc e toni molto polemici da Pd e Idv: la fiducia è un’offesa.
È invece Confindustria a parlare dei contenuti, e da viale dell’Astronomia arriva un pieno appoggio alle novità apportate (tra le quali l’aumento dell’Iva dal 20 al 21%, la reintroduzione del contributo di solidarietà per redditi sopra ai 300mila euro e l’intervento sulle pensioni). L’associazione degli imprenditori valuta «positivamente la decisione presa oggi (ieri ndr) dal governo di introdurre alcune misure che vanno nella direzione di rafforzare l’efficacia della manovra», recita un comunicato diffuso nella serata di ieri. L’augurio è che il decreto «venga approvato rapidamente» per aprire una nuova stagione di lavoro in direzione di «un risanamento strutturale» e della crescita del Paese.
Tutti i partiti che compongono il Terzo Polo hanno sottoscritto invece un documento in cui si chiede - non è una novità - una «discontinuità del governo del Paese», perché non «basta più un ulteriore improvvisato aggiustamento della manovra». Sul comunicato, scritto da Giorgio la Malfa, la firma l’ha messa il segretario centrista, Lorenzo Cesa, ed è stato lui, non Casini, ieri a muovere le critiche, pur ammettendo che c’è poco da argomentare: «Come al solito il governo è in ritardo e fa solo oggi quello che avrebbe dovuto fare da oltre un mese. Comunque a questo punto è meglio tardi che mai: questa manovra non ci piace e non la voteremo, ma quello che hanno deciso di fare almeno lo facciano subito».
Se l’Udc chiede tempestività, che è poi la ragione per la quale il governo ha deciso di autorizzare il voto di fiducia, dal Pd continuano le lunghe rivendicazioni. Pier Luigi Bersani è apparso meno carico che in altre occasioni: «Avevano promesso di non mettere la fiducia per consentire il dibattito e il contributo da parte di tutti - ha lamentato -. Ma ancora una volta hanno cambiato le carte in tavola. Questo è un governo che sa solo mentire».
Il fronte più arrabbiato l’ha guidato invece la capogruppo in Senato, Anna Finocchiaro: l’unico «mantra giornaliero» del governo, ha attaccato, è «infilare due dita negli occhi delle opposizioni». «Gravissima» per il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, la decisione della fiducia, anche perché «contrasta in modo plateale con le parole del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano».


«È più facile parlare con una banda di cialtroni», ha sbeffeggiato il capogruppo dell’Italia dei Valori a palazzo Madama Felice Belisario, aggiungendo che il governo «non ha niente in mano». Il maxiemendamento di Palazzo Chigi con le modifiche al decreto è stato in realtà depositato in Senato dieci minuti dopo l’esternazione di Belisario.

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