Dietro le sbarre di una cella l'ombra di un sogno si fa densa. Quasi palpabile. Fino a  materializzarsi. In ore che non passano mai, giorno dopo giorno. Anche questo serve a vivere,  forse solo a sopravvivvere, ma almeno trasforma un domani lontano in un presente da accarezzare.
Amanda Knox, la bella "maledetta", l'americanina piovuta da Seattle e finita in cella a Perugia  col marchio dell'assassina, folle e ingenua, sfrontata e dolce, bugiarda ma "innocente", "urla"  dal carcere. A bassa voce. "Ridatemi la libertà, sono innocente". Ventisesi anni le hanno  affibbiato i giudici- così come al fidanzato del momento- l'ingegnere Raffaele Sollecito- per  l'omicidio della compagna d'università e di casa Meredith Kercher. Sono trascorsi quasi tre anni  da quella notte schizofrenica di sangue e di vizio, di sesso e di droga. Era il tempo di  Halloween, la festa delle streghe.
Amanda ora un po' più magra un po' meno bionda , sembra solo più donna. Raffaele, il bravo  studente venuto dallo Puglia, nei giorni scorsi ha ottenuto dal giudice il permesso di poterle  telefonare. Lei, che di baci lo straziava mentre i poliziotti frugavano davanti a loro nella  casa del delitto, candidamente ha risposto che preferirebbe parlare di più con i suoi genitori,  che sente così poco.
Un anno fa fu protagonista, insieme ad altre 11 detenute, del film "L'ultima città"; in cella  studia lingue ("vorrei fare l'interprete), scrive diari e poesie. E la sua esistenza da galeotta  finisce in libro di prossima pubblicazione: "Io vengo con te. Colloqui in carcere con Amanda  Knox", firmato Rocco Ghirlanda, deputato e presidente della Fondazione Italia- Usa. Foxy Knoxy  quasi tralascia la sua vicenda giudiziaria, non parla del processo d'appello che si terrà sul  finir di novembre, tantomeno di Mez. È lei il suo centro di gravità permanente, per dirla alla  Battiato. "Vorrei sposarmi, più avanti, e devo anche trovare la persona. Ma una cosa che ho  sempre voluto è quella di adottare un bambino", confessa Amanda.
"Se dovessi decidere, tra avere un figlio o adottarlo - dice Amanda - preferirei adottarlo. È  strano, lo so: ma penso che ci sono un sacco di bambini in questo mondo che non hanno nessuno. Io vorrei un marito, però se non riesco a trovare la persona giusta, non vuol dire che non  desidero più avere dei bambini. E non sono convintissima che ci debba essere per forza una  famiglia composta da un padre e una madre: per esempio, io ho sempre avuto mio padre molto  vicino, anche fisicamente vicino, però a casa mia c'era solo mia madre. Quando ero piccola e mi  immaginavo da grande con dei bambini, mi sono spesso immaginata da sola.
Da oggi qualche psicologo cercherà di decriptare. Dicendo magari che mente ancora, che si è  spesa per ripulirsi l'immagine.
"Mi manca la mia famiglia, racconta ancora Amanda. "Ho degli amici che sono come fratelli e  sorelle, ma io voglio vivere. Voglio la libertà. Tutte le cose della vita non sono le stesse  senza la cosa più importante. Quando tutto sarà finito - prosegue - voglio andare dalla mia  famiglia, che mi manca tanto, ma poi voglio tornare in Italia". 
"Da bambina - spiega- ero un "tomboy", un maschiaccio..."La sola cosa che desidero quando tu  sarai adulta- mi diceva mia mamma- è che tu sia gentile"". 
Poi il racconto della sua vita da prigioniera, delle paure, delle speranze, dei progetti. Nel  libro anche le sue poesie, tradotte dall'inglese. "Un arcobaleno attraversa la mia vita.
Basterà un'elegia a scagionarla?