da Roma
Basta con la Musa assistita, con i film che nessuno vede, quando a finanziarli sono i soldi pubblici. Lo ha deciso il governo, presentando ieri al cinema Quattro Fontane il disegno di legge relativo alle attività cinematografiche e audiovisive (con particolare riguardo in materia di agevolazioni fiscali), da oggi allesame di Camera e Senato. Che il cinema italiano, oggetto di critiche anche Oltreoceano, attraversi da decenni una crisi strutturale, è cosa nota. Tanto che fioccano le proposte legislative. Dopo la mozione sul «tax shelter», firmata da Gabriella Carlucci e presentata al Senato da Willer Bordon, ora è la volta duna risposta alle norme della cosiddetta «legge 122», consegnata alliter parlamentare dalla senatrice Vittoria Franco (Ds) e dallonorevole Andrea Colasio (Ulivo). Due le novità sostanziali, in questa proposta di legge che solleva perplessità. La prima riguarda la creazione di un Centro nazionale, titolare e gestore del Fondo per il finanziamento del cinema e dellaudiovisivo, oltre che giudice indiscusso di «parametri, criteri e modalità per lerogazione dei contributi», come cita larticolo 17, alla voce «incentivi per lesercizio cinematografico». Se, infatti, lonorevole Colasio guarda al modello francese, invocando «libertà dalla politica e piena autonomia del cinema», gli addetti ai lavori sinterrogano sui criteri-guida delle nomine. In sostanza: chi verrà eletto, allinterno del Centro (leggi: Cinecittà), sarà in grado di «sfuggire al margine di ricattabilità politica», come si augura il secondo firmatario di tale nuova legge, oppure potrebbe rappresentare una longa manus del potere politico dominante? Da parte sua, la Franco ha messo laccento su «una riforma di sistema, basata sulla centralità dellimpegno pubblico, secondo i criteri di diversità culturale, trasparenza e autonomia sanciti dallUnesco». La seconda novità, in materia legislativa, interessa la tassa di scopo, prelevata dallintera filiera del cinecomparto. Per finanziare un film, o un qualsiasi prodotto audiovisivo, occorrerà attingere denaro dai gestori di telefonia e dai provider di Internet, per tacere dei soggetti forti: Rai, Mediaset, Sky e Telecom. «Le nuove norme antitrust rafforzano i produttori indipendenti con gli incentivi fiscali, impedendo labuso da posizione dominante», nota la senatrice Franco.
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