Anche detto bassotuba

Non scorticatemi per il paragone, ma è Marco Travaglio che ogni dieci minuti rammenta d’esser stato allievo di Montanelli, puledro di Montanelli, segugio di Montanelli, forse anche figlio di Montanelli. Certo, alla base di tutto c’è che Montanelli è morto, ma qualcosa in comune i due forse ce l’avevano davvero. D’accordo, Montanelli non faceva copisteria giudiziaria, non dava alla magistratura sempre e comunque ragione (figurarsi) e alla classe politica sempre e comunque torto, non trasformava interi faldoni giudiziari in collane editoriali: nella sua riciclica fabbrichetta Travaglio è semmai più simile a un Biagi: forse ne insegue parte del pubblico, a sinistra, mentre Beppe Severgnini corteggia quello di destra. Fatti suoi. Ma è leggendo le opinioni «politiche» di Travaglio che l’indole dell’uomo infine si staglia. Aumentare i poteri del Premier? Follia pura. Grandi riforme elettorali? Per carità. Federalismo fiscale? Ma per favore. «Dicono che è un Paese conservatore: embè, anche se fosse?», scrive Travaglio prima di agognare al massimo «piccole riforme di manutenzione».

In altre parole, Travaglio non è neppure d’accordo con le riforme vagheggiate dal suo centrosinistra: ciò che ne farebbe, se avesse l’età dell’ultimo Montanelli, un puro conservatore. Ciò che invece ne fa, siccome ha solo 42 anni, un precoce vecchio trombone.

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