Anche Fini dà il benservito a Fazio

Il vicepremier: «Se non fa il primo passo, tocca all’esecutivo intervenire». Una soluzione politica che piace alla Lega

Antonio Signorini

da Roma

«Condivido la necessità di un’iniziativa del governo per porre rimedio a una situazione paradossale perché credo che Fazio dovrebbe avere la sensibilità di dimettersi», scandisce Gianfranco Fini. Il nuovo affondo del governo, questa volta firmato dal vicepremier e ministro degli Esteri, è arrivato all’inizio di un sabato di lavoro per il governatore di Bankitalia e anche per l’esecutivo. Fazio ha passato parte della giornata prefestiva a Palazzo Koch mentre Fini ha avuto contatti con il premier Silvio Berlusconi e anche con il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, regista di quella soluzione governativa che, per il momento, resta la via d’uscita più probabile. Perché, come ha ricordato Fini, tutto dipende da Fazio: se non farà il primo passo, dovranno essere «il governo e il Parlamento a decidere di conseguenza».
Lo strumento potrebbe essere la norma transitoria, da varare insieme alle nuove regole sul risparmio, confermato ieri dal sottosegretario all’Economia Maria Teresa Armosino. La soluzione politica al nodo Bankitalia è condivisa, con qualche prudenza, anche dalla Lega. Dopo il «Fazio ormai non c’è più» pronunciato da Umberto Bossi, il ministro leghista al Welfare Roberto Maroni ha speso parole più prudenti: «Il governo non può licenziare il governatore. Bankitalia ha la sua autonomia». Maroni ha comunque assicurato l’appoggio del Carroccio a Tremonti. Una voce parzialmente critica è quella del ministro alla Funzione pubblica Mario Baccini che auspica una scelta presa «con lucidità», ma riconosce la necessità che del caso Fazio se ne occupi il Consiglio dei ministri, magari - sottolinea - «tenendo conto dell’Istituzione».
Il governo, quindi, affronterà la situazione già da martedì. Ma per i passi successivi è inevitabile il coinvolgimento delle opposizioni. Anche perché, nonostante i due schieramenti abbiano idee tutto sommato simili sulla vicenda, nella maggioranza c’è anche chi teme un inasprimento dei toni in coincidenza con l’avvicinarsi del voto. La campagna elettorale potrebbe essere raggiunta da «schizzi di fango», avverte il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa sottolineando come non ci si trovi di fronte a una «una nuova Tangentopoli». L’accordo della sinistra, almeno sul destino del governatore, è provato dalle parole di Romano Prodi: «Dovrebbe dimettersi. Io lo dico da agosto».
Un attacco duro e diretto al governatore arriva da Mario Monti, ex Commissario europeo e uno dei nomi sempre presenti nel toto nomine per la successione. In un’intervista il presidente dell’Università Bocconi ha accusato in primo luogo la politica, succube di Bankitalia, poi il governatore, in quanto depositario di tutte le decisioni prese dall’istituto: «Da tempo teneva comportamenti che dal punto di vista dello stile di un’autorità di vigilanza apparivano bizzarri». È mancata anche la reazione della politica - spiega Monti - forse perché «pezzi del Parlamento, pezzi di forze politiche avevano un interesse forse non puramente intellettuale e di convincimento intimo a tutelare il conservatorismo di certi aspetti e a non incidere di più dal punto di vista delle riforme». Monti salva l’istituzione: «Sarebbe una colpa della struttura se la Banca d’Italia fosse stata governata nella collegialità. Ma la Banca d’Italia, per suo statuto, è governata da una persona: il governatore. Precedenti governatori hanno dato un taglio e uno stile diverso. Mi limito a ricordare il predecessore di Antonio Fazio, Carlo Azeglio Ciampi».
Ieri dalla Banca d’Italia non sono arrivati segnali. Fazio, come era successo anche nei precedenti episodi, ha lavorato alla sua difesa. Cercherà di fare fronte all’imminente offensiva del governo e anche alle obiezioni che potrebbero arrivare dalla Banca centrale europea.

Più difficile che qualche brutta sorpresa arrivi dal Consiglio superiore della Banca d’Italia che si riunirà martedì in via ordinaria. Nell’unico organismo che potrebbe realmente rimuovere Fazio serpeggia malumore, ma la maggioranza dei consiglieri resta saldamente pro-governatore.

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