Caro Granzotto, sono daccordo anchio con il fatto che è ormai giunta lora di finirla con laddebitare al governo precedente tutti i guai dellItalia; non possiamo comunque negare che il governo Prodi abbia lasciato in eredità al governo Berlusconi «due patate ustionanti»: Alitalia e Tav. Non vorrei essere nei panni del Cavaliere.
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Fossero solo quelle, caro Tranquilli, ci sarebbe da metterci la firma. Prodi è stato un castigo di Dio, cosa che anche Veltroni Walter, ovvero il suo clone in versione soufflé (che il grande Pellegrino Artusi da Forlimpopoli chiamava, guarda caso, «sgonfiotto»), è costretto ad ammettere. La Tav, poi, è una patata diventata bollente per una malintesa burbanza europeista (se la ricorda, caro Tranquilli, lEuropa? Chissà dove è andata a cacciarsi) ed anzi, ne approfitto per lanciare un appello a Silvio Berlusconi: Presidente! Ascolti la voce di chi tanto inchiostro ha versato per la causa! Perché ostinarsi a bucare montagne, perché incaponirsi ad aprire una via nelle viscere delle Alpi per raggiungere Lione? Scusi, Presidente: che ce ne impippa a noi di Lione? Magari un domani potrebbe anche impipparcene, ma non trova più savio, non trova più opportuno e rispondente alle esigenze degli italiani completare dapprima una rete Tav domestica? Nella fattispecie Torino-Trieste e Milano-Roma-Monnezza City-Bari-Taranto? O Reggio, faccia lei (così, poi, ci si attacca il Ponte sullo Stretto)? Veda come hanno proceduto Francia e Spagna: dapprima si son fatti le linee ad alta velocità che servivano ai propri spostamenti veloci e dipoi, con calma, i collegamenti previsti dai «corridoi» eurolandici. Ma sempre badando al sodo. Parigi-Londra, ad esempio (due ore e un quarto. Un bellandare, non trova?). Mica Parigi-Orbassano. Quindi, Tav sì, sì e poi sì. Ma dapprincipio si tavizzi lItalia che, in quanto a trasporti, sta ancora ai tempi del buon Re Ferdinando (da Napoli in giù, la rete ferroviaria è tutta, ripeto, tutta, a binario unico. Manco nel Sudan). Ci pensa, presidente beneamato? Così facendo - e facendo per il meglio - lei taglierebbe lerba sotto i piedi ai descamisados «No Tav» della Valsusa. Niente più barricate, niente più presidi: solo vacche tutte a pillacchere che pascolano beate; solo salti di camosci e tuoni di valanga, per dirla col poeta. E allora orsù, dica se non addio almeno arrivederci a Lione, che tanto chi ci vuole andare, a Lione, ci vada; e concentri la sua indomabile volontà di fare, di realizzare, sul Bel Paese, così che presto possa sfrecciarvi lagognatissima alta velocità.
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