In merito alla curiosità del lettore Pallini su chi fu il primo a chiamare «Duce» Benito Mussolini, ad attribuire la qualifica che accompagnerà per tutta la vita e oltre la morte il figlio del fabbro di Predappio fu per la prima volta, il 18 aprile 1904, il corrispondente da Ginevra del giornale romano La Tribuna il quale, nel dare notizia della sua espulsione dal cantone svizzero, lo definì «il grande duce della locale sezione socialista». Il 12 marzo 1912, alluscita dal carcere ove aveva scontato la condanna comminatagli per aver capeggiato le agitazioni contro limpresa libica, celebrata invece da Gabriele DAnnunzio con le Odi dOltremare, fu salutato come «Duce di tutti i socialisti rivoluzionari dItalia» dai compagni forlivesi, per bocca di Olindo Vernocchi, che nel secondo dopoguerra diverrà Presidente del defascistizzato Istituto Luce. Il futuro fondatore del fascismo fu acclamato «nostro duce intemerato» dai socialisti quando, l1 dicembre 12, assunse la guida dellAvanti!. Evidentemente lappellativo di «Duce» doveva esercitare allepoca un fascino particolare sulle sinistre se, il 28 luglio 18, fu rivolto a Pietro Nenni da Il Giornale del Mattino, che salutò la mobilitazione del suo direttore con «Il Duce Nenni parte per il fronte». Ma si trattò di un episodio isolato: per Nenni, oscurato per un ventennio dalla stella del suo conterraneo, restano più note le definizioni di «Benito in formato tascabile» e di «romagnolo di turno», nate dallironia di Guglielmo Giannini.
Rende (Cosenza)
Grazie (e grazie al lettore Giuliano Fiorani per le sue informazioni sullargomento) caro Rende dellesauriente precisazione. Questa storia del tonitruante Olindo Vernocchi proprio non la conoscevo. Stando così le cose non ci resta che registrare un vuoto di ducismo fra il «duce» rivolto al Mussolini poco più che ventenne e di stanza in Svizzera e il «Duce» che gli tributarono una volta al potere. Il primo assomiglia un po al Nobel per la Pace di Barack Obama, assegnatogli, sembrerebbe proprio, a titolo di incoraggiamento e comunque non di certo per linesistente opera svolta in passato a favore della pace. Anche se una bella differenza cè perché se in quanto duce Mussolini prometteva bene, in quanto pacifista Obama promette maluccio (e noi siamo arcicontenti che sia così, non perché fanatici guerristi, ma perché abbiamo poca simpatia per i calabraghe e il calabraghismo). Del tutto comprensibile, poi, la aleatoria qualifica di duce attribuita a Pietro Nenni, e questo indipendentemente dallavvento del fascismo. Perché per poter essere duce non basta condurre con polso sicuro le masse alla vittoria o incontro al sol dellavvenir, ci vuole anche le phisique du rôle. Per restare in tema, Hitler aveva quello indicato per il titolo di Führer, che con quelliniziale fricativa sorda incute già di per sé la tremarella. Rotondetto, apparentemente accidioso, a Francisco Franco sadattò come un guanto il grado di Caudillo. Idem per Stalin, che lepiteto se lo trovò da sé, Stalin, appunto, che vuol dir «dacciaio» e stesso discorso per Mussolini, il quale seppe benissimo interpretare il suo ruolo di Duce con tutti quei petti in fuori, torsi nudi, volitiva mascella, oratoria e gestualità gladiatoria per non dire dei modi spicci con le donne (raccontava Magda de Fontanges che, venuto il momento, Mussolini le si avvicinò scandendo: «Madame, sin qui avete conosciuto il Duce. Ora conoscerete luomo» procedendo poi senza indugio). Be, Pietro Nenni ebbe mille qualità, ma non certo il fisico del ruolo per esser o anche per poter sembrare un duce. Con loratoria ci siamo, tanto che la sua faceva concorrenza a quella dellamico e compagno Benito. Ma lì si fermava.
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