Anche Putin contro Bush sul ritiro Usa dall’Irak

da Washington

George W. Bush annuncia un ritiro parziale delle truppe americane dall’Irak, ribadisce la sua convinzione che gli Stati Uniti stiano cominciando a vincere la guerra e non si sogna di indicare una data certa per la fine della missione militare a Bagdad. Sondaggi alla mano, in pochi apprezzano, torto o ragione che abbia il presidente. E molti, nell’arena politica internazionale e americana, gli danno apertamente contro.
Più rumore di tutti fa l’uscita di Vladimir Putin. Secondo il presidente russo Bush dovrebbe fissare una precisa scadenza per completare il ritiro dall’Irak, perché - a suo dire - «finché non ci sarà una data concreta le autorità irachene non saranno abbastanza motivate ad occuparsi della sicurezza del loro Paese». «Sono d’accordo con Bush - ha detto il capo del Cremlino - che ci si può ritirare solo quando gli iracheni saranno in grado di garantire la sicurezza, ma proprio per questo bisogna indicare una data».
Negli Stati Uniti, molto critico il partito democratico. «Una presenza militare senza fine e senza limiti in Irak non è un’opzione, intendiamo esercitare i nostri doveri costituzionali e cambiare profondamente il nostro impegno militare». Questo il succo della risposta al discorso di Bush che i democratici hanno affidato al senatore Jack Reed, uno degli autori della proposta democratica per il ritiro dall’Irak. Il senatore ha accusato Bush di portare avanti una politica che compromette la sicurezza nazionale, mettendo a rischio la vita di decine di migliaia di soldati e di fatto ignorando la reale dimensione del pericolo costituito dalla rete terroristica di Osama bin Laden. «Il presidente non ha presentato un piano per mettere fine con un successo la guerra o darci un motivo ragionevole per continuarla - ha detto Reed -. Democratici e repubblicani al Congresso e in tutta la nazione non possono e non devono stare inerti mentre i nostri interessi nel mondo sono messi a rischio e le nostre forze armate sono sottoposte ad una pressione che rischia di spezzarle».


Tipicamente drastico il commento di Ali Khamenei, “guida suprema” del regime integralista islamico al potere in Iran. «Io credo profondamente - ha detto - che un giorno l’attuale presidente americano e i suoi collaboratori saranno giudicati da un tribunale internazionale indipendente per le atrocità commesse in Irak».

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