Annan toglie l’alibi al governo: restate a Kabul

Massimiliano Scafi

da Roma

Italiani, restate a Kabul perché «la vostra presenza è fondamentale». Restate, dice Kofi Annan, perché l’Afghanistan è debole, «senza uno Stato solido» e a forte rischio di terrorismo e «noi non possiamo certo lasciarlo da solo ad affrontare una situazione così drammatica». Restate, insiste, perché adesso «serve tutta la cooperazione internazionale possibile».
Il segretario generale delle Nazioni Unite vede Giorgio Napolitano, Romano Prodi, i presidenti delle Camere e Silvio Berlusconi. Davanti alle commissione Esteri di Camera e Senato, il suo appello arriva proprio alla vigilia del voto sul rifinanziamento della missione militare afghana e nel bel mezzo delle polemiche nella maggioranza. Lasciare il campo ora, spiega, è molto pericoloso: «Nel contesto attuale è fondamentale la presenza delle forze Nato, statunitensi, europee e italiane, per garantire la sicurezza dei nostri operatori». E le organizzazioni umanitarie, avverte Annan, da sole non bastano: «In Afghanistan non è necessario solo lo sforzo e l’impegno della cooperazione internazionale, ma c’è bisogno di lavorare in un ambiente sicuro. Non possiamo lasciare quel Paese da solo, è importante fare quello che possiamo per assicurare la stabilità interna. La storia ci insegna che, in assenza di un governo legittimo e di uno Stato solido, si può arrivare ad atti di terrorismo come quelli dell’11 settembre».
Insomma, conclude il segretario generale dell’Onu, c’è un lavoro che dobbiamo finire. «Siamo molto grati per la collaborazione avuta da tutti i Paesi per cercare di costruire un ambiente sicuro e stabilizzato. Quello che sta facendo l’Italia è fondamentale, è una partnership splendida». E se le cose sul campo si sono complicate, il futuro non è per forza nero: «Non credo che la situazione in Afghanistan sia persa. Noi comunque dobbiamo continuare ad impegnarci anche con la collaborazione del Pakistan per trovare forme di sostentamento per la popolazione alternative alla coltivazione del papavero». Annan parla anche della riforma del Palazzo di Vetro, sperando che «si raggiunga un compromesso evitando che si perpetui l’attuale gioco di potere» e ringraziando l’Italia, «Stato moderno e illuminato per il grande sostegno dato all’Onu». Roma, ricorda, è poi sede di tre importanti agenzie, Fao, Pam e Ifad.
Le preoccupazioni di Kofi Annan trovano un primo conforto durante l’incontro al Quirinale con Napolitano. Il capo dello Stato, si legge in una nota del Colle, mette infatti «in evidenza» come «tradizionalmente la gran parte delle forze politiche italiane, al di là delle distinzioni tra maggioranza e opposizione, abbia mostrato di riporre fiducia nel ruolo e nell'intervento delle Nazioni Unite rispetto a situazioni di grave crisi e ad allarmanti minacce come quella del terrorismo internazionale». Insomma, fa capire il presidente, l’Italia rispetterà i suoi impegni.
Ma non tutti nella maggioranza sembrano pronti ad allinearsi. «Annan non poteva che dire le cose che ha detto, ma io ovviamente non sono d’accordo», afferma il segretario del Pdci Oliviero Diliberto. Aggiunge Giovanni Russo Spena, capogruppo di Rifondazione al Senato: «Sull’Afghanistan non possiamo essere d’accordo con il segretario generale dell’Onu. Condividiamo l’esigenza di fare il possibile per la stabilità interna, però sono gli eventi a dimostrare che le operazioni militari sortiscono un risultato opposto. La via maestra è quella della cooperazione civile e degli aiuti alle popolazioni, non quella delle armi.

Le truppe italiane devono perciò essere ritirate al più presto, in particolare quelle all’interno di Enduring Freedom». «Prodi non sa se ha una maggioranza per restare a Kabul», commenta Rocco Buttiglione. E per Alfredo Mantica, An, ex sottosegretario agli Esteri, «il discorso di Annan toglie ogni alibi alla sinistra».

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