Gli anziani a rischio cecità

Rischio cecità per gli anziani. La degenerazione maculare senile colpisce dall'8 all'11 per cento delle persone tra i 65 e i 74 anni. Dopo i 70 anni ne soffrono 35 persone su 100. Il 20% è affetto dalla forma umida considerata nel mondo la terza causa di perdita irreversibile della vista. Questa patologia si presenta in due forme; quella secca, più comune, caratterizzata dalla progressiva atrofia della macula che si evolve nell'arco di decenni. La forma umida della malattia il danno si produce in poco tempo. Tutto inizia quando all'interno della retina si verifica la crescita di nuovi vasi sanguigni che perdono sangue e fluido danneggiando la visione centrale. In pratica sotto la retina crescono nuovi vasi che si sviluppano in direzione della macula, ovvero la zona centrale della retina stessa. Questo sviluppo anomalo di nuovi vasi causa un sollevamento della retina, che si deforma. In Italia, il 20% dei casi di malattia è legato alla forma umida che porta a grave abbassamento del visus e può condurre anche a cecità. «É su questi pazienti che dobbiamo concentrare l'attenzione, sono quelli a maggior rischio e con problematiche gravi», afferma il professor Francesco Bandello, direttore della clinica oculistica dell'università Vita-Salute, Istituto Scientifico San Raffaele di Milano.
«L'obbiettivo terapeutico fondamentale – precisa il professor Bandello - è bloccare la crescita dei neovasi, che si può ottenere mediante i farmaci che agiscono sul Fattore di Crescita Vascolare Endoteliale (VEGF). Questa proteina induce l'angiogenesi, cioè lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni correlato alla malattia, fenomeno che è all'origine dello sviluppo e della progressione della forma umida della degenerazione maculare legata all'età». Numerosi i fattori di rischio. La predisposizione genetica è al primo posto. Sul fronte alimentare, la dieta mediterranea è protettiva. Dannoso è il fumo.
Per la degenerazione maculare della retina non vi erano cure fino all'inizio degli anni Novanta. Il primo trattamento efficace arriva con la fotocoagulazione laser, che però danneggia anche i tessuti sani della macula. Concreti passi avanti nel 1998 con un farmaco fotosensibile, la verteporfirina, che ha permesso di mettere a punto la terapia fotodinamica che stabilizza la capacità visiva e in alcuni casi la migliora. Il grande progresso lo si è avuto con i farmaci anti-fattore di crescita endoteliale (VEGF), scoperti da Napoleone Ferrara, un ricercatore italiano che lavora in California. Grazie ai suoi studi innovativi è iniziata l'epoca degli anticorpi monoclonali che hanno fatto compiere all'oculistica progressi inimmaginabili nel passato mettendo a disposizione nuove terapie . Pochi anni fa si è reso disponibile un altro anticorpo monoclonale (ranibizumab), espressamente studiato per il trattamento della degenerazione maculare retinica. Oggi è anche reso possibile un nuovo approccio terapeutico (aflibercept) che agisce con un meccanismo diverso rispetto al passato. Consente di ampliare le opportunità di scelta terapeutica.L'occhio è un bene prezioso al quale però dedichiamo non molta attenzione,e poca cura, anche i controlli medici sono poco frequenti. La degenerazione maculare legata all'età, e soprattutto la sua complicanza neovascolare, è conosciuta in Italia da solo 10-15 persone su cento. Questo comporta spesso un ritardo nella diagnosi che oggettivamente limita le opportunità di cura.

«É fondamentale quindi far crescere la conoscenza della malattia», precisa il professor Giovanni Staurenghi, direttore della clinica oculistica dell'ospedale Luigi Sacco, dell'università di Milano. É la prenessa per meglio curarla.

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