
L' introduzione di una nuova patrimoniale climatica europea potrebbe diventare presto realtà abbattendosi sulle tasche di cittadini e imprese. Come se già non bastasse il piano europeo presentato mercoledì che prevede la riduzione di emissioni del 90% entro il 2040 rispetto ai livelli del 1990, nel programma della presidenza di turno danese dell'Ue (iniziata il 1° luglio, terminerà a fine anno) si legge: "La presidenza intende portare avanti, e possibilmente concludere, i negoziati sulla revisione della Direttiva sulla tassazione dell'energia". Le linee programmatiche continuano sostenendo che "la revisione porterà la tassazione dei prodotti energetici in linea con le politiche energetiche e climatiche dell'Ue e incoraggerà l'uso di fonti energetiche rinnovabili".
Secondo quanto anticipato da Bloomberg che ha visionato una nota del 30 giugno redatta dalla presidenza di turno dell'Ue, la Danimarca "ha promesso di fare il possibile per finalizzare entro novembre una controversa proposta di legge che riformerebbe la tassazione dei carburanti e dell'elettricità nell'Unione europea".
Inoltre "si è detta convinta dell'urgente necessità di raggiungere un accordo politico sul disegno di legge, noto come Direttiva sulla tassazione dell'energia". La direttiva sulla tassazione dell'energia è stata proposta per la prima volta nel 2021 con l'obiettivo "di promuovere gli sforzi di decarbonizzazione dell'Ue tassando i combustibili più inquinanti, come il carbone, con un'aliquota più alta e incentivando le alternative verdi come l'eolico e il solare" e oggi l'Ue la vorrebbe rilanciare con criteri più stringenti.
In particolare la proposta danese si baserebbe su tre pilastri: rivedere le accise sull'energia con un allineamento all'agenda 2030 degli obiettivi climatici dell'Ue, spostare il focus della tassazione da un criterio basato sui volumi consumati dai singoli Paesi a uno basato sul contenuto energetico e l'impatto ambientale e penalizzare l'uso di combustibili fossili incentivando le fonti rinnovabili (verde, biogas, idrogeno, elettricità pulita).
Per entrare in vigore la nuova tassazione energetica dovrebbe però essere approvata dal Consiglio europeo in cui ci sono varie resistenze da parte degli Stati membri.
Non è un caso che la Danimarca sia una delle nazioni europee che sta portando avanti politiche ambientali tra le più stringenti. A partire dal 2030 diventerà il primo Paese al mondo a implementare una carbon tax sulle emissioni di gas serra prodotte dal bestiame. Gli allevatori danesi contribuiranno alle casse dello stato per un totale di 300 corone (circa 30 euro) per ogni tonnellata di anidride carbonica emessa da pecore, mucche e suini. Una decisione contrastata dagli stessi allevatori e dagli agricoltori che avrà un impatto sul costo dei prodotti alimentari anche per i consumatori.
Eppure la lobby green è particolarmente attiva per promuovere nuove tasse ambientali attraverso un appello sottoscritto da 230 organizzazioni a favore della "giustizia climatica".
A finire nel mirino delle Ong sono in particolare il trasporto aereo, le aziende produttrici di combustibili fossili, le transizioni finanziarie e i miliardari. La ricetta è una sola: tassare, tassare e ancora tassare.
La proposta di introdurre "un'imposta di 0,33 euro al litro di carburante per aerei" colpirebbe ogni cittadino che prende un aereo, così come "una tassa di cinque dollari per tonnellata di CO2 sull'estrazione di combustibili fossili" avrebbe un impatto sui costi dell'energia. Allo stesso modo dietro l'idea di una tassa per i miliardari c'è il consueto tentativo di una nuova patrimoniale questa volta con la scusa del clima.